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La Franzoni disperata: "Ogni accusa è una coltellata"

Dopo la condanna a 16 anni in appello, la disperazione della mamma di Cogne che non smette di proclamare la propria innocenza: "Vivere così è insopportabile". La confidenza all’avvocato Savio: "La gente non si rende conto di che cosa siano stati per me questi cinque anni". La sentenza: "Uccise in una nevrosi isterica"

La Franzoni disperata: "Ogni accusa è una coltellata"

Milano - I messaggi in bottiglia che filtrano all’esterno sembrano provenire da una qualche remota prigione. Come se la sentenza fosse già stata eseguita. Anna Maria Franzoni contempla la propria disperazione nella clausura dell’Appennino bolognese: «Per me le accuse sono ogni volta una coltellata. È insopportabile e non mi lasciano neanche piangere tranquilla». La Bimba, rintanata nel guscio di Ripoli Santa Cristina reclama il diritto di piangere da sola. Il rituale della pubblica lacrimazione, condivisa con i giornalisti e gli otto giudici che l’hanno condannata, è finito venerdì mattina intorno alle 11 quando l’imputata ha annegato nei singhiozzi quell’ultimo invito: «Siate giusti. Io non ho ucciso mio figlio».
La Bimba ora si nasconde. Prostrata e annichilita, ma intanto volta pagina e legge un nuovo spartito. «Non sono fredda - mormora all’avvocato Paola Savio - come tutti pensano, la gente non si rende conto di cosa ho vissuto in questi cinque anni e di cosa sto continuando a vivere». Ecco, quell’accenno al carattere è il segnale che la mamma di Cogne sta dolorosamente prendendo coscienza del personaggio che bene o male le è stato costruito addosso. E che per la prima volta le sta stretto come uno scafandro.
Piano piano sotto la guida della Savio e dell’avvocato Paolo Chicco, nel cui studio la Savio lavora, la Franzoni ha cominciato a maturare. Chiamarla metamorfosi è troppo. Ma certo nello specchio di Anna Maria si riflette finalmente quell’altra Anna Maria che ha fatto zapping sugli schermi italiani negli ultimi anni. Ingombrante, troppo ingombrante. Nel silenzio protetto dell’Appennino, Anna Maria Franzoni non medita solo sui sedici anni di carcere; no, la mamma comincia a osservare la realtà in un altro modo.
«Anna Maria - afferma Chicco, tagliente - si sta liberando di tante cose. Anche di quel personaggio che ha interpretato in questi anni. Anna Maria sta diventando grande».
Parole che, naturalmente, vanno decodificate. Non si tratta di buttare via un copione e di recitare un’altra parte, ma certo la Bimba ha iniziato a smarcarsi dalle logiche della famiglia così come dall’assedio dei media. Ora cerca una sua strada, faticosissima. «Mi sento innocente alla gogna», ripete e in quella scheggia c’è l’affiorare di una nuova consapevolezza, non solo la paura di chi si trova spalle al muro.
Dietro le quinte del processo più raccontato degli ultimi anni, la coppia Savio-Chicco sta pilotando la Franzoni verso un nuovo approdo. Giusta o sbagliata che sia, l’immagine della mamma di Samuele si era sovrapposta fino a combaciare perfettamente con le interviste, i fuori onda, i talk show e lei pareva sempre più la Bimba, al centro delle strategie dei familiari, delle manovre del clan guidato dal padre, degli abbracci protettivi dei fratelli e delle sorelle. Molti cronisti, nel corso del dibattimento, hanno scrutato quella foto di gruppo così affollata pensando di trovare in qualche dettaglio il bandolo della matassa. Non è stato così, ma ora è arrivato il momento di distinguere i ruoli.
Accenni, per ora. Si vedrà in seguito quale Franzoni tornerà sul palcoscenico dopo l’eclissi di oggi. «Anna Maria si sta affrancando», ripete Chicco che certo ha esaminato la questione anche sul lato del codice penale. E ha concluso che quell’abbraccio soffocante, quello schieramento imponente di fratelli-sorelle-genitori finisce con il nuocerle o col nasconderla.
E allora il tempo delle deleghe è finito. La mamma dovrà vedersela direttamente con i suoi legali, senza tutte quelle mediazioni, quegli interventi, quella presenze così ingombranti, che la Savio nel corso dela sua requisitoria ha esorcizzato chiedendo ai giudici di non condannare la Franzoni per l’antipatia del padre. «Dobbiamo ripartire da qui», da quella sentenza che ha comunque dimezzato la pena.

L’augurio della Savio è per Anna Maria Franzoni l’avvio di un nuovo percorso.

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