Avevamo la serpe in seno...
«Si, ma ce l’aspettavamo».
Franco Frattini, vicepresidente della Commissione europea con delega al cruciale settore della Sicurezza, aveva lanciato l’allarme già diverse settimane fa.
«Insieme con il ministro dell’Interno tedesco dicemmo che le cellule di Al Qaida non avevano abbandonato l’Europa; ma che anzi, proprio in Europa si stavano concentrando maggiormente».
C’erano stati segnali precisi. Certi fermenti, certi collegamenti emersi tra forze radicali islamiche in Francia, in Danimarca, in Belgio.
«Sì, e la cooperazione tra forze di polizia ha funzionato egregiamente. Il va e vieni fra l’Europa, l’Irak e soprattutto l’Afghanistan di alcuni personaggi che andavano a fare una sorta di stage nelle centrali del terrore ci aveva convinti che proprio l’Europa potesse essere, di nuovo, al centro degli obiettivi dei qaidisti».
C’è secondo lei un legame tra immigrazione clandestina e terrorismo?
«C’è, anche se non pare politically correct affermarlo. Purtroppo, come dimostra il caso della moschea di Ponte Felcino, il legame esiste».
L’assedio del jihad non è solo culturale. Questi studiavano anche come fabbricare bombe.
«La presenza tra il materiale sequestrato di sostanze chimiche rende purtroppo plausibile la minaccia dell’attentato non convenzionale, che è il più devastante. Per questo, dieci giorni fa, e dunque ben prima dell’operazione di Perugia, ho presentato un documento strategico per affrontare a livello europeo il rischio bioterroristico. Questa, purtroppo, è la prima frontiera del rischio, poiché molti sono gli obiettivi facilmente vulnerabili».
Cercheremo di non generalizzare, anche se la voglia è forte. Ma insomma, il pericolo che le moschee stiano diventando anche nel nostro Paese delle basi logistiche esiste.
«Purtroppo è così. Ecco perché l’Europa deve lavorare con più severità e più rigore».
Come?
«La prima cosa da fare è una mappatura a livello europeo dei luoghi di culto, attualmente inesistente. Poi dobbiamo attrezzarci per sapere da dove arrivano i soldi; quali sono, cioè, i canali di finanziamento delle moschee in Europa. Per quanto riguarda la mappatura, il lavoro è già partito da dieci giorni, e ho promesso ai ministri dell’Interno della comunità che sarà pronto al più tardi per la fine di settembre».
Si dirà - il mondo islamico, e le sinistre a seguire diranno - che si sta preparando una sorta di caccia all’untore; che le libertà fondamentali sono a rischio.
«Le misure che contiamo di adottare sono nell’interesse dei veri credenti musulmani. Su questo voglio essere molto chiaro. Chi usa una moschea per educare al terrorismo o per insegnare a fabbricar bombe abusa del nome dell’Islam e dunque è un nemico dei musulmani moderati. Ecco perché costoro non devono sentirsi minacciati da queste iniziative. Al contrario, abbiamo bisogno della collaborazione delle comunità musulmane che devono essere nostre alleate nella lotta al terrore».
Altre iniziative sul tappeto?
«Intanto sanzionare penalmente in tutta Europa - il che oggi non accade ovunque - il reato di cospirazione per finalità di terrorismo internazionale. Un’altra iniziativa che occorre adottare è punire chi incita altri a commettere atti di terrorismo con la stessa rilevanza penale del favoreggiamento diretto, non come un’apologia di reato.
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