da Milano
Due indizi ci sono già, ora manca solo il terzo. Poi, forse, il raffreddamento della surriscaldata economia cinese (più 11,5% il Pil 2007) sarà più di una semplice ipotesi accademica. Il duplice segnale viene dallandamento dellexport, vero cuore pulsante del Dragone, delizia per lex Impero celeste, croce per i Paesi occidentali: per due mesi consecutivi, novembre e dicembre, il surplus commerciale della Cina è calato, rispettivamente a 26,28 miliardi di dollari e a 22,69 miliardi, dopo aver toccato in ottobre la cifra record di 27 miliardi. Intendiamoci: il made in China è saldissimo e in salute, come dimostra lattivo monstre di 262 miliardi realizzato nellintero 2007, un dato che fa impallidire i 177,5 miliardi del 2006, non trova riscontri in nessuna parte del mondo e fornirà il destro a Usa ed Europa per richiedere unulteriore accelerata al processo di rivalutazione dello yuan.
Il rallentamento dellavanzo nellultimo bimestre non va tuttavia sottovalutato, essendo riconducibile a cause interne, come appunto lapprezzamento della moneta cinese, cresciuta lo scorso anno del 7% rispetto al dollaro, e il restringimento del credito imposto dalla Bank of China per frenare il tasso di sviluppo a due cifre e stemperare linflazione, che in novembre ha sfiorato il 7%, costringendo il governo a intervenire con il blocco delle tariffe di gasolio, gas naturale ed elettricità. Ma il passo meno svelto dellexport riflette anche la decelerazione congiunturale a livello internazionale. La Cina comincia insomma a soffrire delle minori importazioni effettuate dagli Stati Uniti e dallEuropa, i due mercati di riferimento per i prodotti cinesi. LAmerica ha infatti visto scendere in novembre il proprio disavanzo nei confronti di Pechino a 24 miliardi di dollari, contro i 25,9 miliardi del mese precedente, nonostante un aumento del deficit complessivo a 63,1 miliardi provocato soprattutto dagli alti prezzi del petrolio.
Insomma, i cinesi hanno tutto linteresse che leconomia Usa eviti atterraggi bruschi. E non solo perché una parte consistente delle gigantesche riserve valutarie cinesi (1.500 miliardi di dollari alla fine dello scorso anno, il 43% in più del 2006) sono in biglietti Usa.
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