Politica

Fuga di notizie, i pm indagano su se stessi

Napoli Stando a un lancio dell’agenzia Ansa gli stessi pm dell’inchiesta sulla presunta estorsione a Berlusconi, nella quale comparirebbe la telefonata (non depositata) fra il premier e Lavitola dove il capo del governo consiglierebbe all’editore di non fare ritorno in Italia, indagheranno sulla fuga di notizie del settimanale l’Espresso. Un controsenso per chi, nel Pdl, pensa che l’origine dello scoop nasca negli stessi uffici chiamati a fare luce sulla talpa.
Intanto mentre i pm napoletani hanno convocato in procura l’avvocato di Tarantini, Perroni, e il vicecapogruppo al Senato, Quagliariello (quest’ultimo solo per fornire riscontri a una circostanza emersa nelle indagini) trapelano le prime indiscrezioni sul secondo interrogatorio di Tarantini, «secretato» giovedì. Poche precisazioni sulla presunta estorsione a Silvio Berlusconi, e un’infinità di dettagli sui suoi contatti in Finmeccanica e su alcuni progetti con la multinazionale della difesa che l’imprenditore pugliese avrebbe cercato di realizzare grazie a canali «privilegiati». Poche precisazioni sui soldi ricevuti dal premier, dunque, a dimostrazione che la ricostruzione difensiva sembra aver retto alle contestazioni dei magistrati, ma richieste di chiarimenti a proposito dei rapporti con il presidente di Finmeccanica, Pierfrancesco Guarguaglini, e con i suoi più stretti collaboratori, compresa la moglie, Marina Grossi, amministratore delegato della Selex Sistemi Integrati. Una società che affiora più volte nelle inchieste in cui compare Gianpi. Nel gennaio 2010, ad esempio, all’hotel De Russie di Roma, le cimici intercettano un colloquio tra lo stesso Tarantini, Enrico Intini (imprenditore di area Pd, dalemiano doc) e Salvatore Metrangolo, dirigente della Selex. L’incontro era stato organizzato per parlare di un appalto per le pulizie negli ospedali pugliesi e avrebbe segnato il tentativo di Gianpi di reinventarsi lobbista grazie agli «agganci» nella Protezione civile e in Finmeccanica. È lo stesso Intini, che lo ingaggia con un contratto di consulenza da 300mila euro, a raccontare ai magistrati il livello di conoscenze di Gianpi: «Intendendo far crescere il mio gruppo relativamente al settore della gestione dell’emergenza, chiesi a Tarantini se potesse favorire la realizzazione di un incontro con Bertolaso. (...) A metà novembre Tarantini organizzò l'incontro con Bertolaso che in quella circostanza si mostrò interessato, riferendo per altro che proprio in quel periodo la Protezione civile aveva raggiunto riguardo la gestione dell'emergenza un accordo con Finmeccanica. Bertolaso suggerì di prendere contatti con Finmeccanica (...) e presi contatto con l’ingegnere Manlio Fiore e Marina Grossi (...)».
Il fil rouge tra Tarantini e Finmeccanica passa anche per le società in cui l’imprenditore pugliese risulta socio (Sma spa, che si occupa di tutela del territorio, meteorologia e ambiente e fa parte del Gruppo Intini) o consulente (Flexotec ltb di Londra, attiva nell'assistenza e nella comunicazione). E che Gianpi sia a conoscenza di parecchi retroscena sul colosso della difesa lo sanno anche i pm titolari del fascicolo sugli appalti pilotati per la cittadella della polizia a Napoli (un business da 400 milioni di euro sul quale avevano messo le mani alcune società di Finmeccanica) che nel novembre 2010 lo ascoltano come testimone.

In quel fascicolo, tra l’altro, compare (senza alcun rilievo penale) anche il Gruppo di Enrico Intini per tramite del faccendiere Lucio Gentile, suo referente napoletano, che risulta invece indagato.

Commenti