Fumo e alcol? L’importante è non esagerare

Egregio dottor Granzotto, se non erro anche lei ha il mio vizietto di accendersi ogni tanto una sigaretta. Peccato che ogni volta che apriamo il pacchetto ci dobbiamo leggere che «il fumo uccide», che «danneggia te e il resto del mondo» eccetera. Mi chiedo: non sarebbe giusto poter leggere su tutte le bottiglie di alcolici che «l’alcol ti spappola il fegato», che «l’alcol ti rimbambisce al punto di diventare in automobile un kamikaze» eccetera?

Dica pure ogni spesso, caro Cantù. Lo so che fa male, lo so che non è politicamente corretto, lo so che ormai - lo ha scritto Furio Colombo, mica uno qualsiasi - negli States fumano solo i portoricani, i barboni e le malefemmine (escort), però non mollo. Lo avevo promesso a un amico-lettore, Pierluigi Diano, ma se si tratta del fumo, le mie son promesse da marinaio. L’alcol. La gagliardissima sindachessa di Milano, Letizia Moratti, ha fatto benissimo a proibire vendita e mescita di alcolici a mocciosi e mocciose sotto i sedici anni. E questo anche se il proibizionismo, si sa, funziona e non funziona e probabilmente a Milano fioriranno come funghi gli «Speakeasy», i locali che negli anni Venti servivano illegalmente gli alcolici e dove oggi il nostro marmocchiume potrà sbronzarsi (loro dicono «stordirsi») a piacere. Ma era importante battere un colpo, rendere quanto meno la vita difficile a quei cretini. E la Moratti lo ha fatto. Vita difficile anche per chi si mette al volante, con quegli etilometri che schizzano su solo che si sia mangiato un babà al rum. E chi va più nella trattoria fuori porta? Manco mezzo bicchiere di vino, puoi farti. E diciamoci la verità, consumare un pasto accompagnandolo con l’acqua, be’, non è cosa per gente dabbene. Non so, caro Cantù, se si arriverà a imporre ai produttori di vino e di alcolici di decorare l’etichetta con scritte minacciose e iettatorie. Da qualche anno nel Palazzo tira un’arietta salutista e non è detto che di questo passo oltre a mettere al bando (morale) l’alcol l’Autorità costituita obblighi gl’italiani a indossare d’inverno la maglietta di lana e alle donne dai dodici ai cinquant’anni di non andare in giro con la pancia, spesso le trippe, di fuori. Vezzo che si paga poi sotto forma, così si legge, di coliti croniche e altri viscerali malanni. Ma se mai lo si prendesse, questo passo, perché non apporre sulle fiancate dei vagoni ferroviari enormi scritte che mettano in guardia - «Di treno si muore» - i passeggeri? Idem per le automobili che certo falciano più vittime dell’alcol. Non parliamo poi dell’aereo e si potrebbe continuare con le funivie, con gli ascensori, con le biciclette, con la balneazione, con i balconi, con le escursioni in montagna, con le strisce pedonali («State attraversando a vostro rischio e pericolo»). D’altronde già non ci si imbatte, sulle strade, in sibillini cartelli che recitano: «Caduta massi»? E che toccherebbe fare? Marcia indietro? Marcia avanti ma col batticuore e un casco in testa? La verità, caro Cantù, è che messa così il semplice vivere fa male. Ed ecco perché seguito a fumare e a non privarmi della bottiglia di vino in tavola e d’un goccetto di liquore spiritoso dopo cena, ad andare in macchina e ad attraversare sulle strisce. Male per male, facciamocela comoda, piacevole e gioiosa, la vita. L’importante, come sempre, come per tutto, è non esagerare.

Non «stordirsi», come dicono quei citrulli dei marmocchi.

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