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Funerali di Di Lisio: "In Afghanistan per la pace"

Saracinesche abbassate a Campobasso e manifesti con la scritta "Ciao Alessandro". Celebrate le esequie del primo caporal maggiore Alessandro Di Lisio, il parà ucciso martedì scorso in un attentato a Farah. Lacrime e applausi nella cattedrale

Funerali di Di Lisio: "In Afghanistan per la pace"

Campobasso - Ha chiuso alle 14 la camera ardente nell’ex distretto militare di Campobasso per Alessandro Di Lisio, il militare molisano ucciso in Afghanistan. Pochi minuti prima della chiusura c’erano ancora molte persone in fila per rendere omaggio al parà. Migliaia di persone tra ieri sera e questa mattina hanno voluto rendere l'ultimo saluto allo sfortunato militare italiano.

Saracinesche chiuse Abbassate le saracinesche in segno di lutto. Tutti espongono un cartello con su scritto "Chiuso per lutto cittadino. Si riapre alle 18". Lungo le strade del centro che conducono alla cattedrale sono stati affissi decine di manifesti con la scritta "Ciao Alessandro". Alle esequie del parà anche il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, il Capo di Stato Maggiore della Difesa, generale Vincenzo Camporini, il Capo di Stato Maggiore dell’Esercito, generale Fabrizio Castagnetti. Al seguito del feretro del caporal maggiore, nei 400 metri che dividono il Comando militare regionale esercito dalla cattedrale, anche i diversi commilitoni del parà, molti dei quali in lacrime.

L'omelia "Quello della famiglia di Alessandro è un dolore che attraversa il cuore dell’intera nazione e spinge noi credenti a pregare", ma "non ci lasceremo vincere dall’odio e dalla disperazione. Alessandro è stato un instancabile operatore di pace, anelito indistruttibile del suo cuore, speranza insopprimibile nella sua mente". Così monsignor Vincenzo Pelvi, arcivescovo ordinario militare, nella sua omelia durante i funerali a Campobasso del primo caporal maggiore Alessandro Di Lisio. "Dinanzi al terrorismo - ha detto il vescovo - c’è quella paura che coinvolge per le numerose morti, il lamento dei familiari, le lacrime dei feriti. Alessandro non se ne è andato, dobbiamo parlare di lui nel presente: c’è ancora e si vede dal suo amore tra noi". Per Pelvi "la nostra missione in Afghanistan è di pace, porta stabilità e sviluppo, difende sicurezza nostra nazione e intero occidente dal terrorismo globale. A nessuno sfugge la generosità del nostro paese, che anche con risorse economiche sta aiutando anche a ricostruire istituzioni, infrastrutture, economia di quel paese. Purtroppo il terrorismo ha paura degli italiani, perchè siamo un popolo di solidarietà: perciò si disprezza la nostra vita. Ma le nostre forze armate, a cui le istituzioni stanno garantendo ogni sicurezza di mezzi e strutture, continueranno con la determinazione e l’energia di cui si è capaci a salvaguardare quella convivenza umana per ogni cultura, popolo e religione. Le missioni di pace - ha sottolineato il vescovo - ci stanno aiutando a valutare da protagonisti il fenomeno della globalizzazione, non solo un processo socio-economico ma un criterio etico di solidarietà e comunione.

Nei confronti Alessandro, e di tutti i militari che danno prova di sopportare grandi sacrifici sino al dolore contributo della vita, abbiamo un grande obbligo riconoscenza, un debito di amore infinito: oggi - ha concluso nella diretta del Tg1 - sentiamo tutti il bisogno di un grande silenzio: davanti a questo mistero che ci spaventa e ci addolora sentiamo però che non tutto è finito, anzi siamo qui per pregare l’autore della vita, certi che Alessandro è sorretto nell’abbraccio di Dio".

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