Un furbo sciamano con i fan ai suoi piedi

Antonio Lodetti

da Milano

Ha buttato i primi germogli (lui preferirebbe definirli germi) sedici anni fa e oggi raccoglie i risultati. Da qualche tempo è scoppiata la «Vinicio-Capossela-mania»; si vede dai concerti. Il tour Ovunque proteggi segna il tutto esaurito in ogni città, si chiedono a gran voce altre repliche; due concerti allo Smeraldo di Milano non sono bastati a soddisfare i fan, che hanno costretto l’organizzazione a fissarne uno straordinario il 27 aprile.
Più che fan i sostenitori di Capossela sono agit prop pronti a raccogliere ogni suo sberleffo, ogni sua provocazione, ogni sua pazzia o genialità con un urlo o un fragoroso applauso. Lui gioca a fare il demiurgo; è un cantattore consumato e mescola l’incredibile ricchezza di arrangiamenti con continui cambi d’abito, con gag cabarettistiche, con il sostegno di ballerine più o meno discinte, con l’ausilio del teatro delle ombre.
È uno spettacolo che vola alto, dove Capossela mette in scena la metafora della vita citando la mitologia (il Minotauro e Troia), l’antichità (il Colosseo), la conquista dello spazio. Uno show che è «Odissea mitica e via crucis profana». Parte con l’assalto ipnotico di Non trattare, dove il cantautore suona la chitarra vestito di una pelle di lupo, lanciando la sue invettive contro il mondo omologato. Poi via a un carosello di immagini ora drammatiche ora circensi, ora grottesche ora toccanti, che spaziano dai continui cambiamenti di tempo di Dove siamo rimasti a terra Nutless al frenetico incedere di Dalla parte di Spessotto, dal clima da circo di L’uomo vivo (dove Capossela in costume similMasaniello corre per tutta la sala) alla dolente poesia della ballata Pena de l’alma passando per il gigantismo di Il Colosseo. A ogni brano un cambio d’abito, un cambio d’atmosfera; un insieme di elementi popolari, colti e furbeschi che fanno stravedere il pubblico così come le battute (non sempre felicissime) del mattatore.

Che poi lascia la sua ottima band e si esibisce da solo al piano, prima di concludere col Ballo di San Vito e con il duetto a sorpresa con Paolo Rossi. Sembra uno sciamano, qualsiasi cosa faccia tutti lo osannano. È il trionfo della musica intelligente, quella che ha qualcosa da dire, anche se al Fantozzi di turno viene il sospetto di urlare: «è una boiata pazzesca».

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