Dal Futurismo ai samurai

C i siamo. L’anno del Futurismo si è ufficialmente inaugurato e i versi marinettiani «Zang Tumb Tuum» sembrano già riecheggiare come sottofondo ai tram. Le celebrazioni che accompagnano il centenario del grande movimento è infatti il vero piatto forte del programma espositivo presentato ieri a Palazzo Marino dal sindaco Moratti e l’assessore alla Cultura Finazzer Flory. Non solo perché la rassegna che da febbraio farà da corollario all’antologica di Palazzo Reale esalterà la maggiore avanguardia mai sorta a Milano e mai adeguatamente valorizzata, ma per la carica simbolica che il paroliberismo, irradiatosi nei primi del ’900 a tutte le arti e alle lettere, porta con sé. Un’aura che Finazzer ben tiene a sottolineare quando, presentando il menu del 2009, avverte: «Milano deve tornare a fare propria la carica deflagrante di Marinetti e i suoi». Non solo «esportando all’estero il format Futurismo come si fa con la Scala», ma facendo propria la lezione che nel Manifesto pubblicato da Le Figaro il 20 febbraio del 1909, inneggiava all’amor del pericolo, all’audacia e alla ribellione contro «l’immobilità penosa» della vecchia cultura. E poiché le parole, non solo quelle onomatopeiche, ebbero un ruolo chiave nel movimento di Marinetti, ce ne sono alcune fortemente sottolineate ieri a Palazzo Marino e che sintetizzano l’articolato programma presentato ieri a Palazzo Marino. La prima è «interdisciplinarietà», la seconda è «performatività». La prima è certo la più rappresentativa. Il cartellone prevede infatti un ciclo di 30 mostre in sette sedi che spaziano dall’artista americano della solitudine Edward Hopper, alle ninfee di «Monet e il Giappone», ai portraits di Robert Wilson, alla prima mostra europea sui Samurai, a una retrospettiva sulla Scapigliatura a un’antologica su Forattini.
Il «taglio interdisciplinare», sottolinea il sindaco, sta nella volontà di «trasmettere la profonda connessione tra l’arte e la società, con i loro complessi legami di influenza». E infatti il programma si espande dalla storia dell’arte alla fotografia, dalla moda al design alla satira. Non manca, come promesso, uno sguardo all’arte contemporanea, con due personali al Pac e alla Besana dedicate rispettivamente alla genovese Vanessa Beecroft e all’angloindiano Anish Kapoor. La prima, certo più attinente alla Milano modaiola che a quella futurista, è famosa per le sue performance in foto e video che ritraggono i corpi di modelle seminude ed emaciate. Solita a trovate provocatorie quanto glamour, Vanessa fu recentemente al centro di una polemica per l’autoritratto intitolato una «Madonna con bambini» che la ritrae mentre allatta al seno due neonati africani. Ben più sostanzioso Anish Kapoor, uno di quei nomi che mai avrebbe ospitato a Milano l’ex assessore Sgarbi, perché per lui emblematico di quell’arte contemporanea incomprensibile a cominciare dai nomi degli autori. Kapoor, in realtà, è una delle figure di maggiore rilievo internazionale, noto per le sue mistiche installazioni ambientali tra cui spiccò la monumentale «Myrsias» realizzata nel 2002 alla Tate Modern di Londra.


La seconda parola chiave, «performatività» sta in un progetto che, spiegano a Palazzo Marino, fonderà in città le arti visive con il teatro. Come è presto detto: a breve, chi acquisterà un biglietto di Palazzo Reale avrà uno sconto per i teatri milanesi e viceversa. In tempi di crisi non è poco.

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