La palla, meglio la patata bollente, resta nelle mani di governo, sindacati e lavoratori. L’incontro di ieri a Roma tra il premier Silvio Berlusconi, alcuni ministri e le istituzioni piemontesi con John Elkann e Sergio Marchionne, rispettivamente presidente e amministratore delegato di Fiat, ha avuto sì un esito positivo, nel senso che i vertici del Lingotto hanno confermato alle massime autorità i piani di rilancio e gli investimenti in Italia, ma il Paese resta sotto esame: nei prossimi tre anni l’impegno comune deve essere quello di evitare che, dal 2014 in poi, la testa del gruppo prenda il volo per gli Usa. Elkann e Marchionne, insomma, hanno ribadito l’italianità di Fiat, in un contesto di «evoluzione dinamica che richiede di lavorare giorno per giorno per difendere le condizioni create», ha spiegato il sindaco di Torino, Sergio Chiamparino, all’uscita da Palazzo Chigi.
L’ipotesi di trasferimento delle stanze dei bottoni Fiat negli Stati Uniti, in casa di Chrysler, in pratica non cade; se ne riparlerà tra qualche anno, una volta che il complesso mosaico di «Fabbrica Italia» sarà completato. Il piano prevede che l’azienda porti la produzione di auto nel nostro Paese da 650mila vetture a 1 milione e 400mila, attraverso un investimento tra Fiat Spa e Fiat Industrial di circa 20 miliardi. Per raggiungere tale obiettivo, è stato fatto notare ieri, è necessario migliorare le relazioni industriali allo scopo di garantire la governabilità degli stabilimenti e il loro pieno utilizzo. Esigenza pienamente condivisa dall’esecutivo. In tutto, il presidente del Lingotto e l’amministratore delegato sono rimasti nella sede del governo poco più di due ore.
Paolo Romani, ministro dello Sviluppo economico, ha descritto la Fiat come «una grande multinazionale che si sta espandendo nel mondo, ma che rimane con un cuore italiano». «Quella di dove debba essere la futura sede principale del gruppo - ha aggiunto - non è una questione che riguarda l’oggi, e non si trova all’ordine del giorno. La cosa più importante è che l’azienda abbia confermato gli investimenti in Italia».
«Il governo - recita la nota ufficiale di Palazzo Chigi - ha preso atto positivamente delle intenzioni manifestate dall’azienda e del suo ruolo sul mercato globale. L’esecutivo ha inoltre confermato che concorrerà a realizzare le migliori condizioni di competitività perché gli investimenti previsti in Italia siano il volano per raggiungere il più alto posizionamento rispetto ai concorrenti del settore».
Quello che è importante, ha spiegato il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, «è che Fiat non andrà a Detroit, ma rimarrà a Torino. È comunque evidente che in una logica multinazionale l’Italia ha chance di partenza ottime, legate alla sua cultura e ai suoi insediamenti, ma che vanno confermate vedendo se ci sono le condizioni. E per Fiat sono condizioni di relazioni industriali. Il cuore del problema è questo. Lo ha detto Fiat, ma lo abbiamo condiviso tutti: azienda, governo ed enti locali piemontesi».
Con il sindaco Chiamparino c’era anche Roberto Cota, presidente della Regione Piemonte: «Sono soddisfatto perché Marchionne ed Elkann hanno ribadito che gli investimenti previsti da “Fabbrica Italia” saranno realizzati. Ciò significa più lavoro, cioè il miglior antidoto alla delocalizzazione. Ora si tratta di remare tutti nella stessa direzione». Martedì prossimo nuovo appuntamento romano, ma questa volta più tecnico, per Marchionne. Il top manager parlerà alla commissione Attività produttive della Camera. L’intervento, che rispetto a ieri si avvarrà anche di slide, riproporrà i punti cardine di «Fabbrica Italia» e le prospettive di sviluppo del business.
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