Il futuro governo e la lezione del piano Reagan

Il futuro governo e la lezione del piano Reagan

Un consiglio non richiesto ai leader del centrodestra arriva da un articolo, che sintetizza meglio di mille libri, in che cosa sia consistita la Reaganomics. A scriverlo, uno dei più ascoltati e meno noti economisti del presidente repubblicano, William Niskanen (www.econlib.org/library/Enc/Reaganomics.html).

Reagan e i suoi si trovarono a dover gestire la peggiore crisi economica degli ultimi cinquanta anni e si posero quattro obiettivi ambiziosi ma al tempo semplici da comunicare: ridurre la spesa pubblica, ridurre le aliquote marginali su lavoro e capitale, ridurre la regolamentazione pubblica e ridurre l'inflazione controllando l'offerta di moneta. Agli occhi di tutti sono i temi che, dopo quarant'anni, dobbiamo affrontare anche noi italiani. Il quarto obiettivo è ormai fuori dal controllo di ogni Paese europeo, è un affare della Banca centrale. Gli altri tre ci riguardano invece in pieno. Reagan riuscì a ridurre l'incremento della spesa pubblica dal 4 per cento annuo (era Carter) al 2,5 per cento, nonostante la corsa agli armamenti. Teniamolo bene a mente questo dato. In Italia la spesa pubblica è arrivata a mille miliardi di euro, con una crescita continua negli ultimi anni: la nostra spesa per gli armamenti oggi si chiama energia. Si può intervenire nel ridurre il suo impatto, ma si deve tenere fisso l'obiettivo di spendere con parsimonia. La spesa pubblica passò dal 22,9 per cento di Pil ad inizio mandato al 22,1 per cento a fine: non tantissimo. Decisamente meglio i tagli fiscali. L'aliquota massima sui redditi passò dallo stellare 70 per cento al 28; e quella sulle imprese fu ridotta dal 48 per cento al 34 con un complesso pacchetto fiscale di incentivi agli investimenti. La maggior parte dei bassi redditi fu esentata dalla dichiarazione. Alla fine dei suoi due mandati la pressione fiscale scese dal 20,2 al 19,2 per cento. Niskanen scrive che sul fronte della regolamentazione le cose non andarono altrettanto bene, nel senso che si sarebbe dovuto fare molto di più. Quello che la Reagan economics insegna è che un pacchetto complessivo di misure che abbiano una «visione» dell'economia riescono a rimetterla in sesto anche nei periodi di maggiore turbolenza: il prodotto americano crebbe, si ridusse la disoccupazione e l'inflazione fu domata. Ma c'era un piano chiaro, semplice e coerente.

Arriviamo quindi al consiglio non richiesto. Reagan ebbe tempo di elaborare un piano prima di arrivare alla Casa Bianca.

Chiunque voglia governare questo Paese, oggi dovrebbe promettere forse di meno, ma essere più ambizioso: Stato minimo, tasse ridotte, meno regole e più attenzione al contesto internazionale sono state le ricette del decennio reaganiano. Cambiano tempi e priorità, leggendo però Niskanen, si capisce che dietro a quell'esperienza c'era un'idea di Stato e di governo che non sempre emerge dalle proposte di oggi. Non solo in Italia.

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