L a location è scenografica, anche se non acclamata come negli anni Ottanta, quando la Brianza del mobile veniva qui a fare affari col resto del mondo senza uscire dal cortile di casa: la Villa Reale di Monza. Lente organizzatore è ragguardevole: lUnesco. Largomento, invece, cè e non cè, è un po impalpabile. Insomma, si è passati dai mobili agli ebook. Ma lentusiasmo sembra essere lo stesso di trentanni fa, forse perché, come dice Riccardo Cavallero della Mondadori, «il cambiamento è positivo per definizione», nonostante le quote di mercato degli ebook italiani siano ancora conteggiate in zero virgola.
«Focus 2011. Il libro domani: il futuro della scrittura» è il convegno che ancora per due giorni (potete seguirlo in streaming su www.focus2011.org/it) vedrà addetti ai lavori di tutte le latitudini cercare una risposta alla domanda: «Se la rivoluzione digitale è uno tsunami, come surfarci sopra senza che la tavola ci picchi in testa?». Primo a intervenire ieri mattina, con un discorso che toccava il cuore filosofico della questione, lo scrittore e giornalista (ed ex libraio nell'entroterra siciliano) Pietrangelo Buttafuoco, seguito da Roberto Formigoni (il 66% del fatturato nazionale dell'editoria è lombardo), Robert Darnton (Il futuro del libro, Adelphi), Santiago de la Mora di Google Book Europa (che si è tenuto lontano dalle accuse di monopolio nella digitalizzazione delle biblioteche pubbliche) e altri, tra cui lo stesso Cavallero, che ci ha detto: «La Mondadori affronterà la rivoluzione digitale attraverso tre strade: il self publishing come sensore per capire cosa sta accadendo nel mondo dei lettori, un collegamento più stretto tra libro fisico e digitale - per Natale abbiamo in cantiere un esperimento di portabilità dei contenuti da un supporto allaltro, negli Usa hanno già provato a emettere scontrini per libri cartacei con codici per accedere anche allebook - e da ultimo laffitto dei titoli digitali. Questo perché leditore, in futuro, diventerà come una pay tv. Il limite di tutto questo è solo la negoziazione dei contenuti con gli agenti e gli autori».
Nel pomeriggio sono poi iniziati i seminari veri e propri. Uno in particolare era interessante: «Futuro della lettura e della scrittura: pessimisti contro ottimisti». In pratica, per cautela o per conformismo, cerano solo i secondi, salvo qualche frase un po dissidente dello scrittore messicano Homero Aridjis: «Come avrebbe potuto Borges far scorrere le sue dita di cieco su una biblioteca di ebook? E il 16 giugno, Bloomsday, James Joyce verrà fatto a pezzetti e diffuso su Twitter: basteranno questi bocconcini selezionati a farlo apprezzare?». Meno «umanistici» e più sbilanciati verso il futuro gli interventi di Sok-ghee Baek dellAssociazione editori coreani («La rivoluzione digitale preoccupa gli editori in cerca di modelli industriali da applicarci sopra e non i lettori: questi dimostrano già di dirigersi da soli verso il digitale»), di Miguel Barrero del Gruppo Santillana («Non accadrà niente alla cultura. Non serve nessuna capacità specifica in più per leggere Jane Austen su ebook piuttosto che su carta: ma i lettori stanno dimostrando di voler controllare il proprio itinerario nel testo, negli ebook come sul web.
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