Gaia Aprea ci guida dentro la vita e l’anima di Giovanna d’Arco

Gaia Aprea ci guida dentro la vita e l’anima di Giovanna d’Arco

Laura Novelli

Quel che più colpisce nel suo modo di essere attrice è la grazia nei movimenti, nelle espressioni, nella voce. Una grazia leggera eppure consapevole e matura che, unita a un talento poliedrico diviso tra recitazione e bel canto, fa di Gaia Aprea una delle giovani interpreti più interessanti e duttili della nostra scena. Non è un caso, d'altronde, che nelle ultime stagioni le siano stati proposti ruoli importanti, attinti soprattutto al repertorio della commedia tradizionale, e che registi di calibro l'abbiano chiamata a incarnare un femminile giocoso ed energico, non privo però di venature nostalgiche e sentimentali. La ricordiamo, per esempio, briosa e vitalissima nei «Mémoires» che Maurizio Scaparro ha tratto dall’autobiografia di Goldoni. E la ritroviamo, altrettanto carismatica, in molti spettacoli di Luca De Fusco: da «L’isola del tesoro» ai più recenti «George Dandin» di Molière e «La trilogia della villeggiatura» sempre di Goldoni, lavoro condiviso con Lello Arena e Max Malatesta che vedremo all’Eliseo il prossimo febbraio.
Se fino ad oggi, dunque, Gaia ha dato corpo e voce per lo più a personaggi che somigliano al suo nome e al suo carattere solare, adesso è la volta di una sfida nuova e diversa che - diretta sempre da De Fusco - la porta misurarsi con un testo in versi di Maria Luisa Spaziani (il monologo «Giovanna D’Arco») che la Aprea interpreta (da questa sera a domenica) a villa Doria Pamphilj nell'ambito della rassegna «Notturni Teatrali 2005».
Un viaggio letterario dentro l’anima e la vita della celebre eroina francese: l'infanzia contadina, la «chiamata» da parte dell’arcangelo Michele, la liberazione di Orléans, le calunnie e il tradimento di cui fu vittima e, infine, la cattura e la morte. Il lavoro, già rodato in giro per la Penisola nei mesi estivi, prende forma intorno alla lingua e alla musicalità di una partitura che la Spaziani scrisse, tra l’88 e l’89. «M’innamorai di Giovanna D'Arco - spiega la poetessa - quando avevo dodici anni, l’età delle sue prime visioni, e quella scintilla scaturì da un bonario libretto che qualcuno mi aveva prestato e che non restituii mai (...). Per passioni storiche e letterarie (forse anche umane?) che mi abbiano invasa dopo l’adolescenza, nessuna è paragonabile per intensità e durata alla passione che mi ha ispirato Giovanna».
E il ritratto che ne fa vibra di parole luminose.

Tanto luminose da evocare giocoforza presagi e declinazioni teatrali: «è un personaggio anomalo, una santa con la spada, una poesia in azione, una creatura di straordinaria e totale maturità, un caso Rimbaud il cui arco risplende e si conclude prima dei diciannove anni».
Info: 06/44013265 - 06/45440707.

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