Galan, convitato di pietra tra i frondisti del «Pdl veneto»

A Padova la base di Forza Italia lavora a un nuovo partito: è il piano segreto del governatore che punta al quarto mandato

nostro inviato a Padova
Di «greche» dorate e tronfie, qui non c’è traccia. Ben poche anche le stellette. Qua e là, al massimo, spunta un galloncino da sottufficiale. Il resto è truppa. Anonima, ma che ci crede. Priva di gradi, ma con tanto cuore pronto a finire oltre la trincea. Si sono autoconvocati ieri a Padova, al Centro Congressi intitolato a Papa Luciani, il «loro» Papa, «per chiedere dal basso – citiamo alla lettera – che in Veneto il Popolo della libertà nasca autonomo e federato». Chiude e rafforza la richiesta un eloquente punto esclamativo, cussì che anca a Roma i capissa ben, sacranon!
«Eravamo quattro amici al bar, alla vigilia delle elezioni, già delusi da quelle liste zeppe di nomi sconosciuti e catapultati lì. E da quella delusione, in seguito amplificata dai risultati, è scaturita l’idea di ritrovarci. Di contarci e di contare», racconta Luca Antelmo, 39 anni, agente di commercio e da appena un anno in politica come assessore alla Cultura del Comune di Caorle. Insieme con Cristina Pin, sindaco di Cison di Valmarino, Bernardino Zambon, assessore all’Istruzione a Valdobbiadene e Francesca Pellegrini assessore alle politiche giovanili di Santa Lucia di Piave, lui è uno dei promotori dell’autoconvocazione. «Non vogliamo separarci dal Pdl, ma rafforzarlo regionalizzandolo – spiega Antelmo –. Perché ci sta molto più a cuore la realizzazione della nostra Pedemontana che non quella del Ponte di Messina». E un modello, del resto, c’è: la Cdu bavarese o l’altoatesina Svp.
Sono almeno 600, perlopiù giovani e forti (tante anche le donne) gli autoconvocati giunti a Padova nella convinzione «che fino a ora noi veneti – ammette Maria Assunta Botteon, sindaco di San Pietro di Feletto – siamo stati troppo fermi e buoni». Ma arrivano anche sull’onda della bruciante delusione per il risultato elettorale d’aprile, quando in tutto il Nord il Pdl lasciò sul campo – o per essere più precisi alla Lega – 800mila voti, 254mila nel solo Veneto. Hanno una fede in cui credere: la loro terra. Vantano un patrimonio da difendere: la propria identità. Forniscono i numeri a sostegno di una precisa richiesta di vera democrazia: il 77% dei cittadini del Nordest vuole le primarie e ben l’87% – nove su dieci! – chiede di riavere il voto di preferenza. Ora possono contare anche su un sito internet, www.vogliounpdlveneto.it, «messo in piedi in 24 ore», che già dal nome così diretto – el xe a prova de mona! – non sembra voler concedere nulla ai giri di parole. E hanno soprattutto un leader indiscusso, che qui ieri non è venuto per ovvie ragioni di ruolo, ma che fino all’ultimo minuto si è speso senza riserve per trasformare l’autoconvocazione in un successo.
È Giancarlo Galan, governatore del Veneto al suo terzo mandato (e, si dice, con un pensierino al quarto), Doge berlusconiano sul Canal Grande, ma da ieri soprattutto comandante di un immaginario Bucintoro che fa rotta verso Roma sospinto dalla voga energica di queste truppe deluse del (ma anche dal) centrodestra.
Truppe forse senza nome, ma di certo senza più pazienza. «Io, noi – allarga le braccia Antelmo – non possiamo portare avanti con le sole nostre forze una cosa del genere. Ci serve una persona di peso, di esperienza, uno che abbia buoni rapporti con Berlusconi e che gli possa andare a dire “vedi, Silvio, il popolo veneto ci chiede cos씻.
Ecco perché, di questo Aventino padovano, Galan è l’indiscusso convitato di pietra, l’anima che c’è ma non si vede, il Grande timoniere le cui frasi, proprio come quelle del compagno Mao, tratte dal suo libretto (non rosso!) immodestamente intitolato Il Nordest sono io, vengono qui rilette e ripetute a memoria. Del tipo: «Se ci fermiamo ad attendere l’Italia siamo fregati e smettiamo di essere vincenti». O la speranza che il Pdl veneto diventi «un partito capace di essere il lievito di rinnovamento per l’Italia intera, non farina impastata nei forni romani da panificatori che fanno sempre il solito insipido pane». O ancora l’auspicio del governatore affinché i suoi compagni di partito capiscano una buona volta che «il federalismo fiscale viene prima della raccolta dei rifiuti a Napoli».

E via così, ieri, gli autoconvocati di Padova, trincerati sulla sponda del fiume Bacchiglione – quasi un novello Piave – citando il Grande Assente. Perché se lui per ora non può esserci in carne, che ci sia almeno il suo verbo.

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