Galileo Chini, il ceramista di genio

Dall’impronta simbolista alle suggestioni orientali

Fedora Franzè

Si accede alla mostra di Galileo Chini attraverso l’installazione di Federico Lardera: una cascata di elementi geometrici e floreali tratti dal ciclo «La Primavera», che l’artista fiorentino distendeva in pannelli trionfanti di colori sulle pareti del Padiglione centrale alla Biennale di Venezia del 1914.
Oltre la coltre multicolore si apre nelle sale della Galleria Nazionale d’Arte Moderna il mondo, esotico e italianissimo al contempo, di un pittore, decoratore, ceramista, oggi riscoperto anche nelle sue qualità d’anticipatore.
Galileo Chini si è speso nella pittura da cavalletto e in grandi cicli decorativi, nella ceramica artistica e nella grafica, nell’ideazione di scenografie (alcuni «teatrini» qui in mostra invitano a visitare la contemporanea esposizione di Torre del Lago, dedicata al sodalizio con Puccini) e di manifesti per il Teatro, secondo l’idea di un’arte totale priva di distinzioni gerarchiche, ben prima che essa divenisse fronte antiaccademico e dunque ampiamente condivisa.
Sin dagli esordi Chini guarda all’Europa e non solo. Gli elementi decorativi dei pannelli esposti si legano alle superfici mosaicate di Gustav Klimt come parenti prossimi nell’uso dell’oro, dei cerchietti, dei triangoli, nel contrasto tra la pioggia di piccoli gioielli e la morbidezza dei corpi nudi, dalle pose ieratiche o sinuose.
Pochi anni dopo, il soggiorno di tre anni in Siam gli schiude le porte di un Oriente non più mediato da oggetti lussuosi giunti attraverso le vie del commercio o dall’interpretazione mitteleuropea. L’impronta simbolista, a contatto con il mistero dell’arte e della spiritualità orientale, sboccia in opere in cui la luce diventa riflesso interiore, finemente graduato, e si fa preziosa: un nuovo rapporto tra ombra e luce artificiale si articola in infinite sfumature ed è come se Chini potesse parlare senza più fermarsi una lingua appena scoperta e perfettamente padroneggiata. Il segreto baluginare di fiamma e scintilla investe anche i paesaggi, l’aria aperta, i tramonti, accendendoli di un significato nascosto, infuocandoli senza furia.
Persino la statica entra in felice crisi: «Il mio amico Mandarino» è dipinto sulla tela montata volontariamente un po’ sghimbescia perché la seduta appaia instabile, mettendo così in moto l’intera rappresentazione in un’onda ascendente, oltre la ragionevolezza inutile di pesi e densità.
Tra le opere più affascinanti alcune nature morte dalla straordinaria vivezza, con porcellane rilucenti come specchi, ritratte al pari di creature care.
Una scelta di opere ceramiche della manifattura Fornaci di San Lorenzo mostrano il ceramista di genio nella rielaborazione di temi tradizionali come l’occhio di penna di pavone o i volti femminili, nell’uso elegante delle cromie codificate e nella sperimentazione dei lustri scintillanti.


Galileo Chini. Dipinti, decorazione, ceramica, teatro, illustrazione. Galleria Nazionale d’Arte Moderna, viale delle Belle Arti 131. Orario: martedì-domenica 8.30-19.30. Ingresso museo e mostra: 9 euro. Infoline: 06.32298221.

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