Cultura e Spettacoli

Galli della Loggia spiega il fenomeno Berlusconi

«Nell’Europa di oggi è più facile, in generale, parlare di Hitler che di Berlusconi: i rischi sono assai minori». Con questa battuta si apre il terzo capitolo di Tre giorni nella storia d’Italia (il Mulino, pagg. 162, euro 10) di Ernesto Galli della Loggia. Spiega il professore di Storia contemporanea all’Istituto italiano di scienze umane a Firenze: «Nessuno - ad esempio - rischia di passare per un simpatizzante del nazismo se gli capita di sostenere che ci sono ragioni oggettive ... che spiegano il successo di Hitler. Viceversa se, per fare un altro esempio, si dice che l’ascesa di Berlusconi e il mantenimento del suo potere sono stati assai favoriti dalle contraddizioni delle inchieste di Mani Pulite e dalla raffica delle inchieste a suo carico, non solo si suscita, specie in certi ambienti, una diffusa incredulità, ma si rischia all’istante di essere sospettati di “stare dalla parte di Berlusconi”, incorrendo con ciò in un’immediata scomunica».

Nel nuovo libro, Galli della Loggia, comunque critico verso alcuni aspetti del berlusconismo, ragiona sull’ascesa del Cavaliere in termini storici, denunciando l’approccio moralistico (se non addirittura folcloristico) tipico di «certi ambienti», non è difficile capire quali. Tra i giorni cruciali della nostra storia recente, cui allude il titolo, oltre al 28 ottobre 1922 (marcia su Roma) e al 18 aprile 1948 (vittoria della Democrazia cristiana sul Fronte delle sinistre), c’è anche il 27 marzo 1994 con l’affermazione di Silvio Berlusconi nell’inedito team con Lega e Alleanza nazionale. Data importante, quest’ultima, perché a parere di Galli della Loggia, Berlusconi «ha rappresentato lo strumento offerto all’Italia per ottenere finalmente un sistema politico dove fosse possibile l’alternanza di governo». Osservazione che pare opposta rispetto alle ripetute accuse di scarsa affidabilità democratica rivolte al premier dagli «ambienti» di cui sopra. Le ragioni del successo sono ricondotte alle «patologie» dell’Italia del Dopoguerra: il principale partito d’opposizione, il Pci, fuori dalla legittimità democratica; la Democrazia cristiana al governo per 45 anni; un tacito, generale consenso a infrangere la legge sul finanziamento pubblico dei partiti dal 1974 al 1992.

E infine la patologia che spiega insieme l’affermazione di Forza Italia e il disinteresse degli italiani per la questione del conflitto d’interessi e le grane giudiziarie di Berlusconi: «Un intervento nella vita pubblica da parte della magistratura di una natura così politicamente penetrante come fu quello avutosi nel nostro paese con le inchieste di Mani pulite». Questo forse è il punto del libro destinato a far discutere di più. Spazzando via i partiti della maggioranza e lasciando in vita l’opposizione, la magistratura ha perso l’immagine di assoluta neutralità. Insomma, secondo i cittadini, i giudici fanno politica e oggi il loro avversario è Silvio Berlusconi.

Il quale si difende e contrattacca.

Commenti