La fessura che si è aperta con la partenza di Kakà, è diventata ormai una frattura. Sanabile facilmente: interesse e vicinanza al club possono fare più di un mercato sontuoso. Di frattura si tratta, allora nonostante quel terzo posto non proprio da buttare nel cestino. Lo striscione spietato («Presidente bocciato: assente ingiustificato») aggiunto al volantinaggio in tribuna (proposta una fantasmagorica sottoscrizione di quote da mille euro, ndr) offrono la dimensione del distacco tra il popolo milanista, depresso anche e soprattutto per i trionfi dellInter (di ieri il sorpasso nel numero degli scudetti, 18 a 17), e il suo patron Silvio Berlusconi. Nessuna parentela con la «sparata» di Sky (gruppo russo interessato allacquisto) smentita dal club senza se e senza ma.
In mezzo restano a galleggiare, sballottati, la squadra con la sua dignità e il management con la bussola dei conti da far tornare, entrambi risparmiati dalle censure aspre della curva. Adriano Galliani è il primo, e non lunico, pronto a lanciarsi nel fuoco ardente per difendere la sagoma e la carriera inimitabile del presidente milanista. «Comè possibile cancellare 25 anni di risultati stratosferici con una montagna di soldi investiti? E se avessimo fatto il torneo della Juve cosa sarebbe accaduto?», la sua dichiarazione che racconta del rapporto carnale tra i due e dello stato danimo vissuto dal Milan dove si sta facendo strada la paura che il consenso personale raccolto dal premier per i suoi successi sportivi in ogni angolo dEuropa e del mondo, possa essere in qualche modo eroso proprio dallonda lunga delle insoddisfazioni relative al recentissimo Milan. Come si capisce non è solo calcio, è anche politica. E non sono in discussione gli abbonamenti, già dimezzati rispetto a un anno prima. Non è di quello che il Milan vive. «Far felici i tifosi è la cosa più importante», spiega Massimo Moratti nel tripudio di Siena.
Da oggi il Milan è pronto a tornare al lavoro. Il primo nodo da sciogliere sarà probabilmente lultimo. Sul conto del tecnico chiamato a sostituire Leonardo, non ci sono indicazioni diverse da quelle pubblicate: la verità è che il patron Silvio Berlusconi non ha avuto ancora il tempo di mettere la testa allargomento e alla scelta. «Altrimenti lo faccio io lallenatore», è la battuta regalata da Berlusconi a Galliani nel corso della quotidiana telefonata. Filippo Galli, intervenuto ieri sera alla puntata conclusiva di Controcampo, è uno dei candidati insieme con Mauro Tassotti, promosso responsabile principale della tournée negli Usa (in partenza domenica 23 maggio) ma non cè una classifica, questo primo, questo secondo, questo terzo. «Mi incontrerò in settimana col presidente, abbiamo tempo, il raduno è tra due mesi, il 20 luglio», ripete Galliani.
Oltre alla frattura con Berlusconi, il Milan di fine anno, a sorpresa, deve fare i conti anche con un improbabile caso Ronaldinho. Le parole del Gaucho, a fine serata («non so se resto»), costituiscono un allarme per qualche ora. Perché si aggiungono alle voci di trattative per il rinnovo del contratto, smentite dal club. Il comportamento di Ronaldinho, col contributo chissà se involontario, di Leonardo, è atipico. Il tecnico gli concede la passerella, come per Dida e Favalli, entrambi a fine carriera rossonera, e fin qui può essere una combinazione. E invece Dinho alla fine sintrattiene sul prato di San Siro, continua a salutare abbracciato a Dida e con linchino (come Sheva e Kakà) quasi volesse lanciare un messaggio. «Forse bussa a denari», sospetta qualcuno. Lo stipendio garantito dalla famiglia Berlusconi è consistente: 9 milioni e 600mila euro netti lanno. Per lasciare il Milan e il calcio italiano cè bisogno di un acquirente e di un ingaggio delle stesse dimensioni. Non si trovano dietro langolo.
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