Galliani e l’abbraccio a Leo

Tutto lo stadio milanista dalla parte di Leonardo. Non è stata la prima volta, forse non sarà neanche l’ultima. Tredici anni di passioni non si dimenticano in un amen. Tutto lo stadio dalla sua parte e non certo per l’epilogo della sfida di sabato sera con la Fiorentina che pure ha puntellato il terzo posto, messo in discussione dalle due sconfitte consecutive contro Samp e Palermo. Perché i canti provenienti dalla curva sud aggiunti agli applausi di solidarietà del resto di San Siro (48 mila i paganti più i 3 mila e passa giovanissimi invitati) sono arrivati in largo anticipo rispetto al rigore affilato dal piedino caldo di Ronaldinho (netto fallo di Kroldrup su Borriello).
Tutto lo stadio si è schierato dalla sua parte riconoscendogli il merito di aver lavorato bene, in condizioni non proprio facili. E non solo per il mancato rafforzamento del gruppo, semmai per la qualità del calcio offerta e la considerazione d’aver perso il tram chiamato scudetto a causa degli infortuni di Nesta e Pato. Che il rapporto tra Leonardo e il Milan sia ormai giunto al capolinea, lo hanno capito da tempo anche nello spogliatoio. La frase di Ronaldinho («è la vita») ne è conferma solenne. L’unico rilievo, critico, che si può presentare al brasiliano è il seguente. Quando Berlusconi chiosò la notizia di una sua probabile partenza (all’epoca non certo per contrasti ideologici col patron) con un «spero che resti», Leonardo non spazzò via ogni dubbio ma lasciò aperto il varco attraverso il quale lasciare Milanello.
Piuttosto è l’abbraccio finale tra Leonardo e Galliani, ripreso da Sky e rilanciato più volte anche ieri, a far discutere trasformandolo addirittura in un gesto dal sapore anti-berlusconiano.
Leonardo ha detto: «Non festeggiavamo solo la vittoria, i sentimenti non si commentano». Galliani è andato al sodo: «Ho abbracciato Leo perché il successo sulla Fiorentina è diventato fondamentalissimo lungo la strada del terzo posto». Nella sua carriera il dirigente rossonero può vantare un record assoluto: mai una sbavatura nel rapporto personale col presidente Silvio Berlusconi ma sintonia assoluta prima nel ramo delle tv e poi, nei 24 anni di calcio alla guida del Milan diventato, nel frattempo, il club più titolato al mondo. Galliani ha assistito a Milan-Fiorentina fino al rigore di Ronaldinho, poi è fuggito negli spogliatoi ed un’ora dopo ha avuto notizia, per esempio, dell’espulsione per doppia ammonizione di Ambrosini (era stato, per errore, individuato Favalli dall’arbitro Russo, la reazione dell’interessato ha spinto il fischietto a cambiare indirizzo e ammonire il vero autore del fallo su Gilardino).
«Ho parlato sia con il presidente Berlusconi che con Leonardo, non mi sembra che ci sia in atto un dramma nel Milan» l’altra frase con cui il “pompierone” Galliani ha messo fine al dissidio, amplificato, dalla reazione del pubblico rossonero a San Siro, sabato sera. Il vice-Berlusconi si era raccomandato con Leonardo, a qualche ora dalla conferenza-stampa, di tenere un profilo basso. Sarebbe bastata una frase semplice semplice («quando me lo dirà personalmente, commenterò») per togliere il Milan stesso dall’imbarazzo e dedicare il meglio delle risorse alla sfida con la Fiorentina. «Adesso dobbiamo pensare a raccogliere i punti necessari per toccare la riva della matematica certezza del terzo posto» è l’ultima missione affidata da Galliani ai suoi nella convinzione che sarebbe bastato non perdere Favalli tra Samp e Palermo per trasformare due sconfitte deprimenti in un risultato migliore.
Ma anche nel merito specifico dei giudizi rimbalzati dall’ultima cena con i senatori del Pdl sulle agenzie di stampa, Galliani ha dato una lettura disincantata.

«L’aggettivo testardo non mi sembra sia offensivo, specie se preceduto da un altro di segno positivo, quel “Leo è una brava persona”. Se mi avessero dato del testardo, per esempio, io non me la sarei presa» la sua chiusura.

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