Garlasco, 15 foto porno prima del massacro

La mattina dell’omicidio di Chiara, Stasi apre una serie di immagini a luci rosse prima di dedicarsi alla tesi di laurea. Venti minuti dopo il pc smette di essere il suo alibi. Poi c’è dell’altro. Che la vittima forse non ha mai visto

Garlasco, 15 foto porno prima del massacro

Milano - Sono le 9.37 del mattino del 13 agosto 2007. Nella sua villa di via Cesare Battisti, a Garlasco, Chiara Poggi vive senza saperlo i suoi ultimi momenti di vita. A due chilometri da lì, il suo fidanzato Alberto Stasi accende il personal computer su cui sta lavorando alla tesi di laurea. Ma non si mette a scrivere. Apre invece una serie di immagini pornografiche. Quindici fotografie. Tutte di donne nude. Chi ha visto quelle foto dice che non sono foto da pedofilo e nemmeno particolarmente spinte. Se proprio vi si deve cogliere un accenno di perversione, si direbbe una particolare attenzione ai piedi delle protagoniste. Pochi minuti dopo, Alberto Stasi apre anche il file con il testo della tesi. Alle 10.17’36" il documento con la tesi smette di venire modificato, entra in sonno. Da quel momento, il computer cessa di essere l’alibi di Alberto.

È questo l’ultimo tassello che va ad aggiungersi in dirittura d’arrivo all’inchiesta sul brutale, spietato assassinio di Chiara Poggi. Tra poco più di un mese, il 24 febbraio, inizierà l’udienza preliminare a carico di Stasi. Rinvio a giudizio per omicidio volontario aggravato, come vuole la Procura di Vigevano? O proscioglimento per assoluta mancanza di prove, come chiedono i difensori? La partita è, oggettivamente, aperta a tutte le soluzioni. E in questa incertezza di fondo le parti si combatteranno fino all’ultimo secondo disponibile a colpi di perizie e controperizie. Anche Gianluigi Tizzoni, l’avvocato dei familiari di Chiara, si prepara a depositare un’ultima consulenza tecnica.
L’analisi dei movimenti sul computer di Stasi, quella che fissa alle 10.17 l’ultimo movimento della tastiera, è contenuta nella perizia dei carabinieri del Ris. Non offre, va detto, risposte decisive sulla colpevolezza o innocenza di Alberto. O meglio, le offre se si prendono per buone le risposte che i periti della difesa hanno dato sull’orario della morte di Chiara: tra le 9 e le 10 del mattino. Se le cose stanno davvero così, il computer dice che difficilmente Stasi può avere commesso il crimine. Il problema è che i periti dell’accusa collocano invece il delitto tra le 11 e le 11.30. Poiché le case dei due giovani distano cinque minuti di bicicletta, se hanno ragione i medici della Procura l’alibi di Alberto continua ad avere un buco, una finestra vuota.

Certo, resterebbe aperto il campo dell’introspezione psicologica. È ragionevole immaginare uno Stasi che la mattina del 13 agosto si alza con comodo, si trastulla per un po’ con delle foto spinte, lavoricchia qualche minuto alla tesi, poi inforca la bici e va a trucidare la fidanzata? Ma sono speculazioni che, alla fine, lasciano il tempo che trovano. Perché una cosa è certa: nessuno, né i carabinieri né la Procura di Vigevano, ha finora offerto un ragionevole movente per questo delitto. E fin quando non si spiega perché Alberto avrebbe dovuto uccidere Chiara diventa arduo ricostruire i suoi percorsi mentali in quella terribile mattina.

Resta sullo sfondo il tema delle altre immagini scovate sul computer di Alberto Stasi. Sono le numerose immagini - una sessantina circa - assai più esplicite, e alcune chiaramente con protagoniste minorenni, che Stasi aveva cancellato mesi prima del delitto ma che sono state ripescate nella memoria del disco fisso. Non è mai stato detto ufficialmente, ma uno scenario che l’accusa ha ipotizzato è che Chiara abbia scoperto questa passione del fidanzato: e da lì sia poi, in qualche modo, nata la tragedia. Ma quando, se i file erano stati rimossi da mesi? In realtà, secondo i periti della parte civile, le immagini hard erano state cancellate dal computer ma salvate da Alberto in una memoria esterna, un hard disk aggiuntivo. E poi, si chiedono i legali dei Poggi, come mai a casa di Alberto non si è trovata una sola chiavetta Usb, una delle memorie tascabili di uso assai comune tra chi è pratico di computer?

Mancano quaranta giorni all’udienza decisiva, e la ricerca della verità va avanti tra queste domande,

in una inchiesta che si muove tra tracce ematiche ed elettronica, tra orrore e tecnologia. E senza uno straccio di risposta alla domanda che i genitori e il fratello di Chiara Poggi si fanno da quella mattina: «Perché?».

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