Gas lacrimogeni, arresti e manganelli Vietato pregare sulla tomba di Neda

Non c’era dubbio. Manganelli e gas lacrimogeni degli agenti della sicurezza iraniana non avrebbero esitato neppure davanti alla preghiera. Neppure davanti alle tombe dei giovani morti con la «colpa» di voler conoscere la libertà. Così ieri lo stesso copione di scontri tra opposizione e forze di sicurezza, con seguito di arresti illustri, è andato in scena nella capitale iraniana. Lo stesso da più di un mese.
Nel giorno in cui l’opposizione, sfidando il divieto governativo, ha indetto una commemorazione pubblica per le vittime delle proteste post-elettorali, circa tremila persone si sono radunate nel centro di Teheran intorno alla Grand Mosalla, l’ampio spazio all’aperto dove viene di solito celebrata la preghiera. Immediatamente agenti in tenuta anti-sommossa hanno circondato la piazza e altri in sella a motociclette sono piombati tra la folla cercando di disperderla. I dimostranti hanno dato fuoco ad alcuni cassonetti dell’immondizia e la polizia ha reagito sparando lacrimogeni. «Ho visto la polizia arrestare diverse persone sulla via Abbas Abad», ha detto un testimone. Altri agenti hanno rotto i finestrini delle auto che, in appoggio ai manifestanti, procedevano a clacson spiegato.
Poche ore prima, migliaia di sostenitori del movimento che chiede di annullare le elezioni del 12 giugno, si erano dati appuntamento al cimitero Beheshte Zahra, a sud di Teheran, dove è dove sono sepolti Neda Agha-Soltan, il simbolo della rivolta, e altri giovani uccisi nella manifestazioni del 20 giugno. La data scelta per le manifestazioni di ieri non era casuale: si trattava del quarantesimo giorno dalla morte dei ragazzi, una ricorrenza di grande significato religioso per gli sciiti. Ma anche qui niente da fare: interviene la polizia, disperde la folla, dà appena il tempo al leader dell’opposizione Mir Hossein Moussavi di scendere dall’auto e arrivare alla tomba di Neda. All’ex candidato alle presidenziali, però, non hanno permesso di recitare i versi del Corano ed è stato immediatamente circondato da agenti che lo hanno ricondotto alla sua macchina. Ma i tafferugli sono continuati anche mentre si allontanava: «Alcune persone hanno circondato la sua auto, tentando di non farlo andar via. Ma la polizia ha cominciato a spingere gli attivisti dopodiché Moussavi è ripartito», raccontano testimoni oculari. Nonostante la polizia avesse bloccato le strade che conducono alla tomba di Neda, una quarantina di manifestanti - tutti con foulard e T-Shirt verdi, il colore distintivo della campagna elettorale di Moussavi e ora del movimento dell’Onda verde - erano riusciti a raccogliersi sul luogo della sepoltura decorata con candele e fiori.
Decine gli arrestati anche ieri, tra cui personaggi illustri, come Mahnaz Mohammadi e Jafar Panahi. Mohammadi è una giovane regista di documentari, mentre Panahi è vincitore del Leone d'Oro a Venezia nel 2000 con il film «Il cerchio» e dell'Orso d'argento al Festival di Berlino del 2006. Gli Stati Uniti hanno definito «allarmante» l’intervento degli agenti anti-sommossa contro i manifestanti.


Intanto, nonostante la sua struttura portante continui a scricchiolare, il regime islamico va avanti diritto verso l’investitura e il giuramento del contestato presidente Mahmoud Ahmadinejad (3-5 giugno). L’Unione europea sta valutando se adottare una linea comune di boicottaggio delle due cerimonie previste. L’Italia si adeguerà.

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