Lultima stangata per le tasche degli italiani si chiama effetto-gelo, pittoresco tecnicismo per indicare laumento dei prezzi dei generi alimentari in concomitanza con labbassamento della colonnina di mercurio. Secondo la previsione della Cia (confederazione degli agricoltori), i rincari saranno nellordine di un minimo del 20% fino ad un massimo del 45%. «Come accade frequentemente quando cè freddo - ha spiegato Matteo Ansanelli, agronomo e responsabile nazionale dei Progetti innovativi della Cia - i prezzi aumentano». Semplice legge di mercato, quindi: «Se scarseggia, un prodotto aumenta la richiesta, e i prezzi aumentano di pari passo», ha sottolineato Marco Venturi, presidente della Confesercenti.
Ma cè chi non è per niente daccordo nel considerare inevitabili gli aumenti di frutta e verdura: «Basta con le prese in giro - ha sentenziato Carlo Pileri, presidente dellAdoc, associazione per la difesa e lorientamento dei consumatori - non è possibile giustificare aumenti dei prezzi solo perché fa freddo dinverno». Nel rigettare totalmente gli annunci dei rincari, Pileri ha ricordato che le produzioni invernali avvengono quasi tutte in serra, e quindi non influenzate dallabbassamento delle temperature. Che aumentino o meno, i prezzi dei generi alimentari di prima necessità rimangono un tema centrale del dibattito sociale italiano: ieri il Sole-24 ore ha pubblicato i dati dellIstat sulle differenze dei costi di quattro alimenti base nei capoluoghi regionali italiani. Nel prendere in esame i prezzi di pane, olio, latte e pasta, la ricerca ha confermato, con dovizia di particolari, quello che ormai è una dato assodato: il Nord è molto più caro del Sud. La graduatoria vede al primo posto Milano, seguita da Aosta, Venezia e Bologna, mentre tra le città più a buon mercato troviamo Potenza, Bari e Napoli.
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