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La Gelmini agli studenti «Sì al confronto

RomaNessuna chiusura, ma neppure alcuna indulgenza nei confronti del dilagante ribellismo anti-riforma: il ministro Mariastella Gelmini annuncia che ascolterà nei prossimi giorni «una per una tutte le associazioni degli studenti, degli insegnanti e dei genitori, con la volontà di creare le condizioni di un confronto pacato e costruttivo». Ma pone con fermezza due condizioni: «Che si discuta sui fatti e sui contenuti del provvedimento, e non sulla falsificazione della realtà». E inoltre, che «la maggioranza parlamentare possa decidere secondo le regole costituzionali».
La Gelmini parla al Senato, dopo aver diligentemente ascoltato il lungo dibattito sul decreto-scuola e le dure critiche della minoranza. Il clima è rovente: fuori da Palazzo Madama la aspettano gli studenti in sciopero, arrivati in corteo con striscioni e cartelli. Dentro l’aula, la attendono bellicosi al varco i senatori di minoranza. Grida, interruzioni, applausi e contestazioni. Il ministro tira dritto senza scomporsi, una pagina dietro l’altra di intervento scritto, tailleur grigio e camicetta bianca, occhiali ben inforcati. Si richiama al presidente Napolitano, che «nella sua saggezza» ha auspicato la creazione di «spazi di ampio confronto», e assicura la propria disponibilità a farlo. «Non mi scandalizzano le proteste di questi giorni - assicura -, mi scandalizzano le basi su cui quella protesta si fonda: false informazioni e una versione inesistente del decreto legge». Se si vuole contestare, si contesti pure, «ho rispetto di chi la pensa diversamente», ma che lo si faccia «a ragion veduta» e non evocando «un provvedimento immaginario». Invece il quadro delle informazioni che alimentano la ribellione di scuole e atenei è «desolante». Attorno alla sua riforma è stata creata, e alimentata dall’opposizione, «una campagna terroristica che ha diffuso false informazioni tra le famiglie, avvelenando il clima con l’obiettivo di bloccare la riforma e alimentare la piazza con allarmismi ingiustificati». Ed è grave che il leader del Pd, Walter Veltroni, abbia deciso di cavalcare l’onda e di «fare della scuola il terreno privilegiato dello scontro, quasi pregustando nuovi autunni caldi».
Il ministro smentisce seccamente, uno per uno, i capi di imputazione sventolati dai «ribelli»: «È stato detto, e non è vero, che diminuiremo gli insegnanti di sostegno. È stato detto, e non è vero, che licenzieremo 87.000 insegnanti. È stato detto, e non è vero, che diminuiranno le classi a tempo pieno. Un’opportunità che invece, da ministro, intendo incentivare». Dai banchi del Pd scattano i cori di protesta, da quelli della maggioranza applausi di incoraggiamento.
La Gelmini non si scompone: «Nell’accettare questo incarico - ammette - ero consapevole delle difficoltà che mi si sarebbero parate davanti e delle proteste che qualunque cosa avessi fatto mi avrebbero inseguita. Le accetto, con consapevole rassegnazione». A patto che «non travalichino il segno: mi si insulti pure, ma non si impedisca la libertà di altri».

Non è disponibile ad arretrare, a ritirare il decreto come le ingiunge il Pd: «Non ho intenzione di ricominciare sempre tutto daccapo». Ma all’opposizione lancia la sfida: «È sul terreno dei contenuti che aspetto il Pd. Una volta che il rito della sua piazza si sia compiuto».

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