Gelo tra Marchionne e Scajola sul futuro di Termini Imerese

Sergio Marchionne è apparso a sorpresa nell’aula del tribunale di Torino pochi minuti prima che Gianluigi Gabetti, presidente dell’accomandita Giovanni Agnelli & C., iniziasse la lunga deposizione al processo sull’equity-swap. Un chiaro segnale del profondo legame che lega l’amministratore della Fiat all’anziano top manager che anche ieri, davanti alla corte, ha sottolineato il ruolo fondamentale di Marchionne nella rinascita del gruppo industriale. Ma prima di rientrare nel suo ufficio, il responsabile operativo del Lingotto ha voluto togliersi i classici sassolini dalle scarpe e rispondere al ministro dello Sviluppo economico, Claudio Scajola, il quale ha definito «folle» il proposito del gruppo di abbandonare nel 2011 la produzione di auto in Sicilia. «Per esperienza mia personale, prima di usare un linguaggio pesante come “follia”, uno dovrebbe capire i dati», la secca replica di Marchionne.
Ecco dunque scendere il gelo tra Torino e Roma alla vigilia del faccia a faccia a Palazzo Chigi di martedì prossimo. Per l’amministratore delegato della Fiat, Scajola ha parlato senza avere una minima idea della situazione dello stabilimento di Termini Imerese: «Se uno capisce i dati, magari tira conclusioni diverse». Le precisazioni del ministro sono quasi immediate: «Non si può fermare o far crollare un polo industriale come Termini - insiste Scajola - dove c’è la disponibilità da parte del settore pubblico, sia la Regione sia il governo, a proseguire investimenti per la migliore infrastrutturazione di quell’area. Comprendo la necessità che tutto il comparto dell’auto abbia bisogno di ristrutturazione, ma non si può pensare nel nostro Paese di diminuire lo sviluppo industriale, tanto più al Sud dove vogliamo intensificare la presenza industriale, facendo la nostra parte».
Dal governo si alzano più voci a sostegno di Scajola. «La risposta data da Marchionne non è consona nei confronti di un ministro», commenta il titolare delle Infrastrutture, Altero Matteoli. «Penso che il ministro Scajola conosca bene la situazione di Termini e ha parlato a nome di tutti», aggiunge Maurizio Sacconi (Lavoro), secondo il quale «l’ad dovrebbe dare sempre per presunto che il ministro conosca i dati. Ciascuno deve sempre presumerlo nell’altro per principio, fino a prova contraria».

Il nodo Termini Imerese allinea per una volta anche il «signor no» Guglielmo Epifani, leader della Cgil, alla posizione del governo: «Lo stabilimento Fiat di Termini Imerese è strategico per il sistema Paese e per il Mezzogiorno». Da Palermo, intanto, si punta sulla carta incentivi per costringere Fiat alla resa: «Se chiude Termini - dice Carmelo Lo Monte, capogruppo alla Camera di Mpa - il governo blocchi gli aiuti alla Fiat».
PBon

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