Il gemellino perduto legato a una carezza

Jeremia se ne è andato un paio di anni fa e non è più tornato, ma è come se fosse sempre lì vicino a lui. Mamma e papà gli avevano detto che era andato a fare il bagno ma quando è tornato non lo guardava più con gli stessi occhi di prima e aveva tutta un’altra faccia. E sì che quella faccia la conosceva bene, identica alla sua, due gocce d’acqua. Perchè Jeremia è l’altra faccia di Gideon e Gideon l’altra faccia di Jeremia. Gemelli, mai così diversi. Un bagno fatale ha portato Jeremia all’asfissia, si è fatto catturare dall’acqua, ancora un secondo e sarebbe morto annegato, ma la mancanza di ossigeno ha aggredito il suo cervello scaraventandolo lontanissimo, chissà dove negli infiniti spazi della mente. Jeremia è ancora lì e non si sa se tornerà. Un piccolo Terry Schiavo che nessuno per ora ha condannato. Per mesi lo hanno aspettato nella clinica neurologica di Duren, Germania. Poi hanno preferito trasferirlo a casa, magari tra le sue cose, tra i suoi giocattoli, è più facile ritrovare l’alba nebbiosa dei risvegli. Quando non tiene gli occhi chiusi ha lo sguardo fisso sul soffitto. Lo hanno colorato d’azzurro come i suoi occhi. Da quando Jeremia non è più tornato anche Gideon non è più lui. Guarda se stesso dormire e aspetta un cenno, qualcosa che gli faccia sperare che in fondo è solo questione di tempo, che Jeremia tornerà, rinascerà bambino.

I grandi dicono che in questi casi i danni subiti sono talmente gravi da non essere compatibili con la vita, che l’organismo non sopravvive a lungo, nemmeno con l’ausilio dei macchinari. Ma Gideon sa che se farà il bravo potrà chiedere al Natale il regalo che vorrà e lui vorrebbe tanto Jeremia. Anche se non ha niente in mano per convincerlo a tornare. Tranne una carezza.

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