General Motors manda a casa 30mila persone

Wagoner: «Scelta obbligata». Il gruppo cederà a Toyota la leadership tra i costruttori

Pierluigi Bonora

da Milano

Sicuramente Rick Wagoner ricorderà il 2005 come l’anno più nero da quando, il 1° maggio di due anni fa, ha preso il volante della General Motors, il maggior gruppo automobilistico mondiale. Per fronteggiare il crollo delle vendite nel mercato americano e dare ossigeno ai conti, il numero uno del colosso di Detroit ha calato la scure: 30mila tagli tra i dipendenti (il 10% delle 325 mila unità a livello globale), chiusura di 12 impianti in Nordamerica, 9 di assemblaggio e tre della componentistica. I provvedimenti, annunciati ieri, sono destinati a rivoluzionare gli equilibri del settore automobilistico. Un milione di veicoli in meno, entro il 2008, in aggiunta alla stessa quantità pianificata per la fine dell’anno in corso, comporteranno al gigante malato la perdita del primo posto nella classifica mondiale dei costruttori.
Dopo 70 anni di leadership, già dal 2006 il gruppo dovrebbe cedere lo scettro di numero uno del settore alla giapponese Toyota. Il prossimo anno, infatti, la General Motors si porterebbe intorno a quota 9 milioni di auto prodotte (più o meno in linea con il 2005), cedendo il primato a Toyota che si appresterebbe ad annunciare l’obiettivo di 9,2 milioni di veicoli, l’11% in più dei livelli attuali. Le misure, comunicate durante una conferenza stampa, dovrebbero permettere risparmi per circa 7 miliardi di dollari l’anno entro la fine del 2006, uno in più rispetto alle stime precedenti. Gli esuberi, che registrano il disappunto dei sindacati («paghiamo per gli errori di altri»), saranno completati in prevalenza con un piano di prepensionamenti concordati con le organizzazioni dei lavoratori e portati a termine alla media di 8mila l’anno. A essere licenziate saranno circa 5mila persone. «Le decisioni di oggi - ha detto Wagoner - sono molto difficili per gli effetti che avranno sui lavoratori e le loro famiglie, ma necessarie perché Gm abbia una struttura di costi simile a quella dei principali concorrenti». Ma a rendere più fosco il futuro del gruppo ci sono anche le incertezze legate alla società finanziaria Gmac, la cui possibile vendita di quote o del pacchetto di controllo del capitale, secondo Wagoner, «non si presenta come una trattativa semplice». Da inizio anno, Gm registra perdite per quasi 4 miliardi di dollari, con la quota di mercato negli Usa pericolosamente erosa dai produttori giapponesi, Toyota in testa. Nel terzo trimestre, il gruppo è sceso al 25,6% (dal 28,5% dello stesso periodo 2004), con una percentuale mondiale del 14,6% (dal 15,4%). La situazione è critica e c’è chi scommette sul fatto che lo stesso Wagoner sia a rischio, pur contando per ora sul sostegno del consiglio. Ora si attendono le mosse di Kirk Kerkorian, terzo maggior azionista di Gm, con il 9,9%, che ha già fatto sapere di voler avere un ruolo di maggior risalto nella stanza dei bottoni.

Wall Street ha dapprima reagito positivamente alla notizia dei tagli, per poi raffreddarsi: dal 3,4% di guadagno a inizio seduta, il titolo è via via sceso in terreno negativo fino a perdere l’1,6 per cento. Secondo alcuni analisti, l’azienda Usa potrebbe non riuscire a sventare il rischio di cadere in amministrazione controllata.

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