«Generali: il vicepresidente sarà Geronzi»

da Milano

Sabato prossimo, al convegno confindustriale di Capri, Carlo De Benedetti tornerà a parlare in pubblico, sul tema della «libertà economica». Ha accettato l’invito personale di un amico, il presidente dei giovani industriali Matteo Colaninno. Per l’editore di Espresso-Repubblica, la cui presenza negli appuntamenti più classici e affollati dell’agenda economica è da tempo più unica che rara, è una rentrée degna di nota. E genera curiosità perché avviene in un momento in cui la galassia di società che ruota intorno all’Ingegnere dà segni di rinnovata attività. Con gli annessi dell’inevitabile coté politico.
È di questa settimana la notizia dell’ingresso del Monte dei Paschi di Siena nel capitale di Sorgenia, la società del gruppo Cir a cui fa capo (insieme con i belgi di Electrabel) la ex genco Tirreno Power. In pratica è il quinto operatore italiano. La quota di Mps è piccola, l’1,2%. Ma il prezzo è stato importante: 33 milioni, pari a una valutazione di 2,7 miliardi di Sorgenia che ha sorpreso il mercato. Oltre che spingere alle stelle il titolo Cir (+10% in un solo giorno). Qualche mese fa indiscrezioni, poi smentite, davano Sorgenia in vendita. Naturale allora che qualche maligno abbia ora individuato in Mps il «supporter» del progetto. Anche perché a Siena, dopo che il Monte è rimasto fuori dal giro delle fusioni e si è fatto sfuggire gli sportelli di Intesa e Ubi, il presidente Giuseppe Mussari appare isolato, e vieppiù dalla sua parte, cioè a sinistra. Tanto da meritarsi il duro rimbrotto del viceministro Ds Visco, che ha accusato Siena di «campanilismo» e «resistenze» senza le quali oggi ci sarebbe una terza grande banca nazionale. Ecco allora che De Benedetti, veltroniano da tempi non sospetti, può diventare la strada di Mps verso il Partito Democratico. Non senza future reciprocità, ça va sans dire.
Ma oltre all’energia, l’Ingegnere ha appena riscoperto le tlc. Attraverso la società-fondo M&C, ha siglato un’intesa per versare fino a 165 milioni in Tiscali Uk, la controllata britannica che pesa per il 75% sui ricavi del gruppo sardo. In M&C De Benedetti è fondatore, presidente e azionista con il 7%. E la mossa in aiuto di Renato Soru (il governatore ulivista della Sardegna e proprietario di Tiscali, alle prese con un andamento pesante del suo titolo in Borsa, -25% nel 2007), oltre a rientrare nello stesso contesto politico-finanziario di cui sopra, apre anche una prospettiva di media-company e, perché no, l’intera partita del «terzo polo». Si vedrà.
Anche se al primo posto, per De Benedetti, rimangono sempre gli affari. E proprio il languire di quelli di M&C gli stanno più a cuore: il fondo nato un anno fa sembrava fatto per stupire tutti con effetti speciali.

Oggi si ritrova i 500 milioni dei suoi soci in cassa, ma una sola operazione all’attivo: l’acquisto di Comital (alluminio Cuki-Domopak). Che non ha certo portato visibilità. Nemmeno in Borsa, dove il titolo M&C quota a sconto del 12% rispetto ala sua cassa. E questo all’Ingegnere non va proprio giù.

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