Sport

Generazione di fenomeni

Bazzicano i 20 anni come noi il bar sotto casa, si sono fatti conoscere ma non ancora riconoscere. Mettiamoci bene in testa i lori nomi allora, impariamo le loro facce: saranno i dominatori dello sport nei prossimi dieci anni. Insieme, fanno e sono la generazione dei fenomeni. Dominati dall’incoscienza, non conoscono ancora la paura. Sono alle prime vittorie, non certo alle prime armi.
Prendete uno come Novak Djokovic. Domenica ha vinto a Miami uno dei nove più prestigiosi tornei di tennis, dopo i quattro dello Slam. Sembra che tiri palle di velluto e che corra sospeso per aria, a 19 anni è diventato numero sette del mondo e tra i valletti di Re Federer è il Predestinato a succedergli. Rispetto a lui, Nadal sembra vecchio. Come Valentino Rossi vicino a Casey Stoner e Dani Pedrosa, 21 anni e una voglia matta di rubare il palco al mago di Pesaro. O Lewis Hamilton: pronto per la copertina di Vogue. Vita e faccia speziate: il nonno dei Caraibi, lui è di Londra. In Australia, nel primo gran premio di F1, ha fatto dannare Alonso. Sangue misto e blu: come Joakim Noah. 21 anni, figlio di Yannick, la Marianna del tennis francese, ha vinto per il secondo anno consecutivo il titolo Ncaa, il campionato di basket universitario. Gioca per la University of Florida, lo aspetta l’Nba. Sognando Lionel Messi, 21 anni tutti di magie, ammirando Micah Richards, 18 anni, difensore del Manchester City da 15 milioni di sterline, già in nazionale, ci teniamo stretti Giampaolo Pazzini, il ragazzo che ha invecchiato il nuovo Wembley dopo 28 secondi e con una tripletta.
Alcuni di loro sembrano alieni. Shaun White, 20 anni, ha rastrellato tutti i titoli nello snowboard, «Flying Tomato», il rosso volante, è una macchia indelebile sulla neve. Poi ci si chiede come faccia uno come Federico Colbertaldo ad andare ancora al liceo e piazzarsi quarto negli 800 metri e quinto nei 1500 lasciando in scia uno squalo come Hackett. Se vi sembra normale, allora strabuzzate gli occhi per il coreano Tae Hwan Park. 17 anni, una scheggia impazzita in vasca, oro nei 400 metri, faccia che sembra un fumetto. Vent’anni li ha anche Pablo Martin Benadives: da dilettante ha vinto all’Estoril l’Open di golf del Portogallo per professionisti. Vittoria da urlo, ma gratis: per il suo status ha rinunciato ai 208mila euro del montepremi.

Per guadagnare dieci volte tanto ha una vita davanti.

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