Il genero di Maradona manda a casa Pato e Ronaldinho

nostro inviato a Pechino

Messi insieme, Pato e Ronaldinho non fanno un Aguero. Che sberla il Brasile! C’è il tanto per proclamare il lutto nazionale e cacciare Dunga dalla panchina di ct. La partita madre di tutte le partite di questi Giochi finisce con Maradona che va a festeggiare negli spogliatoi e con il quasi genero (appunto Aguero, l’amore della figlia Giannina) che fa il matador, ma non si gode le mattane del Pibe, perché occupato all’antidoping. Pibe che riceve invece in omaggio da Riquelme maglia e fascia da capitano.
Tre gol dell’Argentina scavano l’abisso con il Brasile, fanno divertire il pubblico dello Stadio dei Lavoratori di Pechino, e ci riportano alla finale di Atlanta ’96: Nigeria-Argentina. Allora vinsero gli africani, che ieri hanno demolito il Belgio (4-1) e terzo fu il Brasile. Ma corsi e ricorsi dicono che questa è la terza finale dei gringos, nelle ultime quattro edizioni delle Olimpiadi. Non sarà casuale. L’Argentina di Aguero è anche quella di Messi e di Gago, il centrocampista del Real Madrid che ha fatto lezione in mezzo al campo. La sintesi è di Maradona, che stava in tribuna insieme a Kobe Bryant, uno che non perde occasione per gustarsi gli spettacoli di qualità di questi Giochi. «La squadra ha vinto con merito, immenso Aguero, bravissimo Messi. Ronaldinho invece era troppo isolato». Poteva aggiungere Angel Di Maria, il terzino del Benfica che ha scardinato il lato destro dei brasiliani, infilando i palloni dei primi due gol, l’uomo radar Mascherano e Riquelme che sta cercando vetrina per convincere i compratori.
Il fracaso stavolta è tutto del Brasile, che ha preso due pali (Sobis e Ronaldinho), subito due espulsioni nel finale e tirato poco in porta. Ha segnato un gol (annullato) con Pato, entrato nella ripresa, ha avuto sprazzi da Ronaldinho che potrebbero consolare il Milan se non fosse che i due gioielli suoi se ne torneranno in Italia col morale sotto i tacchi. Ieri Pato aveva il faccino del ragazzino perduto. «È stata la più grande delusione della mia vita, me la porterò dietro sempre: è terribile perdere così all’Olimpiade e con l’Argentina». Le parole sembravano una richiesta d’aiuto. «Spero di trovare un po’ di riscatto con il Milan».
Visto il Brasile, il Milan crederà d’aver sbagliato mira. Luis Suarez ha visto e rivisto mille volte Aguero e ne ha sempre decantato la bravura. Ma nessuno a Milano, sponda Inter o Milan, ha provato a mettersi in fila seriamente per prenderlo. Lo chiamano il Kun e ieri è stato un cobra nella molle difesa brasiliana: due palloni tesi in area e prima di petto, poi di piede, ecco deviare e sparare l’uno-due che ha steso il Brasile. Tocchi da Pablito nostro, micidiali ed essenziali. Poi Riquelme chiuderà il conto con un rigore, mentre il Brasile troverà sussulti con le punizioni di Ronaldinho, una finita sul palo. Proprio lui, Ronie 2, doveva essere l’uomo della speranza. La sfida con Messi è stata persa ai punti. Il futuro apparso meno buio: sta ritrovando forma fisica, primo tempo migliore del secondo, anche se continua a giocare in un fazzoletto di campo. Sarà dura anche a Milano. Morale sottoterra. «In questo momento non c’è nulla che mi possa consolare.

È una delusione grandissima perché la partita era una classica e noi giochiamo per vincere. Le Olimpiadi sono stregate per il Brasile, non capisco cosa ci succeda». Basterebbe dire che Pato non è Aguero, Messi ha fatto il primattore, Ronaldinho il convalescente.

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