(...) Non si può pretendere dai tifosi che, per definizione, vedono il calcio con occhi di parte e spesso senza alcuna obiettività, che si rendano conto che sulla loro panchina cè un tecnico inadeguato. Non è a loro che si chiede di avere i mezzi e gli strumenti critici.
Dico inadeguato. Non cattivo, non antipatico, non (a suo modo) spettacolare. Semplicemente, inadeguato. Al Genoa, alla serie A, al calcio di oggi. Buono giusto per far felici quei tifosi che pensano che il tecnico in panchina debba fare dei balletti quando vince, magari dopo aver allargato le braccia con gli occhi chiusi un minuto prima del triplice fischio, e che se la prenda con larbitro quando perde. Ce ne sono tanti.
Ribadisco, era già tutto scritto. Bastava guardare il primo tempo con lAtalanta per capire che non ce nera. Che - nonostante Malesani avesse avuto la notizia che avrebbe allenato il Genoa a primavera, nonostante avesse avuto voce in capitolo nella campagna acquisti e nonostante avesse fatto la preparazione come voleva lui, senza nemmeno amichevoli di peso - questo Genoa era tragicamente inadeguato.
E sapete quando lo si è capito? Non nella sciagurata serata di Napoli, in cui i rossoblù hanno disonorato la propria maglia, ma quando il Genoa ha vinto portandosi alla quota pazzesca di ventun punti, assolutamente troppi. Lasciamo perdere come sarebbe potuta finire con il Siena se Destro avesse segnato anzichè colpire la traversa a porta vuota (al limite quella partita fa pari con la punizione eccessiva con il Chievo), ma vogliamo dire con onestà intellettuale che - oltre al pareggio immeritato con lAtalanta - le vittorie rossoblù al Ferraris contro Roma, Novara e Bologna sono state assolutamente eccessive e che se in tutte e tre le occasioni gli ospiti fossero usciti con un pareggio, già avrebbero avuto molto da recriminare?
Insomma, almeno nove-dieci di quei ventuno punti (a cui va aggiunta la qualificazione in Coppa Italia contro il Bari che dominò la partita), sono frutto di quello che non io, ma Malesani ha definito «culo». Per smentire che fosse solo «culo», vabbè. Ma lì siamo: il bottino pingue del tecnico veronese è spiegabile quasi esclusivamente con una dose massiccia di fortuna. Circostanza che, fra laltro, spiega la difesa acritica del tecnico di San Michele Extra da parte di Giampiero Timossi, forse il miglior giornalista sportivo genovese che ha rivoluzionato in positivo le sue pagine. Eppure Timossi, che oltre ad essere bravo è un amico, per settimane e settimane ha difeso Malesani sostenendo linsostenibile, con una passione quasi fisica che non mi riuscivo a spiegare. Ora me la spiego: Malesani aveva un «culo» (ribadisco, è una pluricitazione dalla penultima conferenza stampa del tecnico) più incredibile di quello di Michelle Hunziker nella pubblicità delle mutandine di Roberta. Quindi, spiegato larcano.
Ora, finalmente ci siamo. Preziosi torna sulla sua sciagurata decisione, un errore marchiano di cui dovrebbe chiedere scusa ai tifosi, e con lui coloro che lo esaltano sempre e comunque, e chiama Pasquale Marino. Che non è Guardiola, ma non è neppure Malesani.
Il calcio non è una scienza esatta. Però, quasi.
Malesani era un Cavasin rossoblù. Ieri, forse, si è iniziato a scrivere un finale diverso della storia. Peccato che si siano persi colpevolmente mesi e mesi.
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