GENOA RETROCESSO, ULTRÀ IN PIAZZA

«I soldi per Maldonado? Puro artifizio». Dopo il gol, Dal Cin disse: «Vicente è morto». L’Ascoli pronto a tornare in A

GENOA RETROCESSO, ULTRÀ IN PIAZZA

Alessandro Ursic

da Milano

Un terremoto. Con condanne superiori alle richieste del procuratore federale. Dopo due giorni di camera di consiglio per decidere sulla presunta combine di Genoa-Venezia, la Commissione disciplinare spedisce il Genoa in serie C1 con l’aggravante di tre punti di penalizzazione da scontare nella prossima stagione. Condanna a 5 anni di inibizione il presidente Enrico Preziosi, l’ex amministratore delegato veneziano Franco Dal Cin, il dg rossoblù Stefano Capozucca e il gm dei lagunari Giuseppe Pagliara. Per Preziosi e Dal Cin propone anche di «precludere la loro permanenza in qualsiasi rango o categoria della Figc», cioè di radiarli. E inoltre: tre anni e un mese di inibizione per Dal Cin jr, Michele, dg del Venezia. Sei mesi di squalifica per il portiere del Venezia Martin Lejsal. Cinque mesi per l’attaccante Massimo Borgobello. Quattro mesi di inibizione per l’ex ds del Torino Roberto Cravero. Unico prosciolto l’ex calciatore del Venezia Massimiliano Esposito.
La tesi dei deferiti, e cioè che i 250mila euro in contanti trovati nell’auto di Pagliara poco dopo un incontro con Preziosi erano in realtà un acconto sull’acquisto di Ruben Maldonado, viene definita «un mero artifizio» da parte della Commissione. Decisiva per la condanna è stata in particolare la telefonata tra Dal Cin e un amico dei suoi giocatori sudamericani alla fine del primo tempo, quando il risultato era sull’1-1. «Vicente è morto», aveva tuonato Dal Cin riferendosi all’autore del gol del vantaggio della sua squadra. Ma per l’illecito sportivo sarebbe già bastata la versione data da Preziosi e Dal Cin negli interrogatori: cioè che in una partita «normale» tra un Venezia già retrocesso e un Genoa primo e bisognoso di vincere, il Venezia doveva perdere perché «così è il calcio italiano» (parole di Dal Cin). Una logica che «svuota di significato l’essenza stessa dello sport – ha scritto la Commissione – perché palesemente incompatibile con i principi di lealtà, correttezza e probità ai quali l’ordinamento sportivo non può abdicare».
Le reazioni non hanno tardato ad arrivare. Neanche un’ora dopo la pubblicazione della sentenza, Preziosi si è dimesso da presidente. E mentre nel ritiro austriaco Guidolin e la squadra erano sotto choc – alcuni giocatori si sono messi a piangere – a Genova i tifosi sono scesi in piazza abbandonando la calma dei giorni scorsi. Centinaia di sostenitori rossoblù hanno bloccato il traffico, rovesciando e bruciando alcuni cassonetti. Sono stati aggrediti anche due operatori di Mediaset che cercavano di riprendere la scena.
«Il Genoa è la vittima sacrificale di un’impostazione inquisitoria della vicenda», ha detto Alfredo Biondi, uno degli avvocati difensori. «C’è ancora un secondo tempo per ribaltare il risultato», ha aggiunto l’altro pezzo da novanta della difesa, Franco Coppi. Scontato il ricorso alla Caf ed eventualmente ai rimanenti gradi di giudizio (Camera di Conciliazione per la giustizia sportiva, Tar del Lazio e Consiglio di Stato per quella amministrativa), Biondi ha evocato anche la possibilità di portare tutto davanti alla Corte europea. Ma il tempo stringe, e parecchio. Tutto deve finire entro l’11 agosto, quando la Lega Calcio si riunirà per stilare i calendari.

Impresa che si preannuncia ardua: con l’esclusione di Messina e Torino dalla A, nonché di Perugia e Salernitana dalla B, finchè su tutti questi casi non si saranno esauriti i gradi di giudizio la composizione dei gironi resterà in alto mare. In questo momento in A sarebbe ripescato il Bologna e verrebbero promosse Treviso e Ascoli, sconfitte ai play-off ma coi conti a posto. Cose che succedono, nell’estate nera del calcio italiano.

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