GENOVA, CITTÀ DI RATTI E ZOCCOLE

«La sua morte è con la maionese» diceva Marlon Brando in Ultimo Tango a Parigi, tenendo un bel sorcio per la coda e sfiorandolo con le labbra fino a sussurrargli la frase di cui sopra. Un tempo questa scena grottesca mi faceva sorridere, ora no, ora non ne posso più di topi, sorci e pantegane. Abito in Vico Salvaghi, pochi metri sotto via Garibaldi, a meno di cento metri da Tursi: la notte si torna a casa battendo forte coi piedi per terra, sperando che i topi si impietosiscano e scappino. «Genova città di gatti» scriveva Paul Valery, «Genova città di ratti e zoccole», scrivo più prosaicamente io.
Via della Maddalena è lo specchio in cui si riflette il vero volto dei politici nostrani: prostituzione, droga, commercianti rassegnati alla resa, cittadini onesti che a casa tornano con gli occhi bassi; musica impunita, arrogante e tribale fino all'alba; lastricati che, maleodoranti, trasudano aria irrespirabile nell'afa estiva. E questo nonostante la lotta improba degli spazzini, uniche divise rassicuranti nella notte.

La rabbia verso chi, dopo decenni di ininterrotto governo, da troppo tempo non scende in mezzo alla gente, la rabbia verso chi baratta il potersi fare i fatti propri col lasciare che pure la teppaglia immonda se li faccia. Non è possibile non vedere. (...)

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