Genova ha già pagato a tutti il tributo, Genova ha già ampiamente regalato e offerto se stessa al Paese, spogliandosi dei privilegi di stato, per colpa della politica e delle finte contrapposizioni che celavano poi accordi.
Oggi sono i cittadini a doversi far carico di riportare tutte le cose nel loro giusto ordine, senza troppi ossequi e senza paure, oggi dobbiamo dire alla politica nazionale di tacere poiché ha dimostrato la sua inconsistenza e la sua incapacità. I cosiddetti politici Genovesi devono avere il coraggio di fare solo scelte locali senza accettare nessun consiglio o ancor meno diktat da Roma o dalle segreterie. Genova deve riprendersi il ruolo, che una banda costituita da incapaci (se così non fosse, sarebbe peggio) ha svenduto; la nostra città non è di Berlusconi né di Bossi, è solo dei residenti, di quelli che la vivono, che qui operano e pagano le tasse e quindi le scelte non possono valicare i confini del comune.
Nelle valutazioni che si dovranno fare per le amministrative, leggasi scelta del sindaco e dei candidati nonché delle regole di coalizione, dobbiamo opporre la fermezza e la durezza del dire «taci» siamo a casa nostra e sono problemi nostri.
Che Bossi e Berlusconi non siano più alleati a Roma, poco mi importa, le colpe sono di entrambi. Qui siamo a Genova dove siete venuti al massimo tre volte in ventanni, e noi, per ripagarvi di pari moneta, ci facciamo i fatti nostri. Abbiamo bisogno di una coalizione forte che spersonalizzi che vada oltre le logiche di bottega che lavori coesa per un solo fine «scacciare le sinistre piene di interessi ed incapaci».
Genova non può affidare questo ruolo ad Enrico Musso, al quale offro il mio rispetto ed il mio affetto personale, perché, se non fosse pieno di se stesso, sarebbe una risorsa impagabile ma ha dimostrato di essere negato per il gioco di squadra ed il rispetto della coalizione; Genova non può aspettare i congressi del Pdl o il referto delle ampolle del Po, Genova deve raccogliere tutti in una palestra chiudere, le porte e dopo una sana e lunga rissa far uscire gente incerottata e felice.
Vorrei che Genova ritrovasse tutte le sue anime politiche e civiche assieme, che dopo i «pattoni» passino ancora alle mani per scrivere un progetto per disegnare per costruire. Genova vuole sentirsi dire siamo tutti con «XXXXXXX» quello è il nostro sindaco quello è il garante «delle diversità» e larbitro, quello è il nostro portavoce e lo presentiamo a tutta la città. Per presentare un amico ad un altro amico serve tempo e se ci lasceremo travolgere dalla strategia del «aspetto che loro facciano le primarie» non avremo tempo per portare di casa in casa il nostro candidato sindaco. Smettetela con le strategie che sono perdenti da sempre!
Quindi portate i calzoncini, i guantoni ma anche la buona fede e gli ideali, riempitevi le tasche di caramelle per digerire i bocconi amari, togliete dai muri i vostri diplomi politici e mettete una cornice vuota al loro posto
perché in quella cornice dobbiamo «infilare» la foto del nostro sindaco.
Leviamo i veti romani e quelli personali e scegliamo uno che sia il garante di tutti al di là del suo partito di provenienza, lasciamo lo spazio ad un coraggioso, ad un leone, ad uno nuovo che combatta per noi e con noi anche nelle arene degli altri, perché siamo noi a dover essere risarciti dal nostro Paese, siamo noi a dover scrivere la nostra «resistenza».
Se i vostri tesserini della Camera e del Senato e le segreterie avranno il sopravvento rispetto al coraggio e al senso di appartenenza a Genova, se sceglierete secondo logiche del passato, verrete spazzati via, se dimostrerete che siete uomini e donne onesti, potrete scrivere il vostro nome accanto al cartello Genova quando si arriva dallAurelia.
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