Carrelli della spesa vuoti e pieni sistemati su pedane rialzate, quattro sedie a slitta rivestite in velluto rosso, due chitarre acustiche e uno jambè sono lo scenario di un racconto parlato e cantato del vissuto di alcuni ospiti di una comunità di recupero. Sopra di questo, retroilluminata, un grande scritta: «I am that is aroud me», come deciso dallo scenografo per l'occasione Giuliano Galletta. Un'operina teatrale, come la definisce il suo autore Gian Piero Alloisio, Malavitaeterna si apre con l'evocazione della vita quotidiana di un piccolo spacciatore per poi distendersi nel racconto di una specie di riunione collettiva di autocoscienza. Tre i protagonisti, lo stesso Alloisio, la sorella Roberta e Federico Sirianni che si coinvolgono a pieno nell'essere i disadattati tossicodipendenti dei vicoli di Genova. Il loro modo di parlare con accento genovese strascicato e gergo tipico di chi fa uso di stupefacenti è assolutamente veritiero, come la voglia di confessarsi e confessare a chi li ascolta il loro percorso di perdizione. Tra le melodie delle canzoni e racconti concitati viene fuori quella Genova che tutti sappiamo e che vorremmo non fosse, un dipinto verace di quei vicoli così belli purtroppo apprezzati da alcuni solo perché tra i loro anfratti ci si può nascondere e scappare con facilità.
Le voci dei fratelli Alloisio sono quelle che tutti conosciamo e apprezziamo, calde e avvolgenti, mentre quella di Sirianni ha timbro più crudo, adattissimo al suo ruolo. Ma se le qualità degli artisti come musicisti e cantanti sono indiscutibili, sulla riuscita dello spettacolo si ha qualche perplessità.
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