Caro Enrico, rappresenti un popolo. Non buttarti via

(...) originale di non essere votato in un’elezione con le preferenze dal giorno in cui fu eletto consigliere comunale del Pli in Comune di Genova - è certamente un valore aggiunto per il suo partito. E, a differenza di altre, la sua non è stata una candidatura sbagliata.
Il problema è che ci sono giorni in cui la libertà di coscienza è un lusso. In cui la libertà confina con l’anarchia intellettuale. E l’anarchia intellettuale non è un valore in politica. Soprattutto se rischia di essere strumentalizzata.
A mio parere, è quello che sta succedendo in questi giorni. Perchè, diciamolo chiaramente, il non voto di Musso non ha cambiato di una virgola l’esito dello scrutinio di Palazzo Madama sul processo breve. Più di trenta voti di scarto c’erano e più di trenta sono rimasti. E anche l’acrobazia procedurale di non votare per evitare un’astensione che al Senato vale come voto contrario è una raffinatezza apprezzabile, ma eccessiva per il grande pubblico.
Il problema è che, stavolta, si votava su un provvedimento fatto anche per sottrarre il presidente del Consiglio a quella che, a tratti, sembra una persecuzione giudiziaria. E così l’unico risultato concreto del voto di Musso è stato quello di farne un eroe per una certa sinistra: l’eletto nelle liste di Berlusconi che ha il coraggio di cantarle a Berlusconi. Tanto da meritarsi un corsivo di Sebastiano Messina su Repubblica per il fatto di essere stato tacitato dopo un minuto di intervento, per spegnimento del microfono. Peccato che - come Musso ha onestamente riconosciuto - il microfono che si spegne dopo un minuto sia espressamente previsto dal regolamento del Senato per le dichiarazioni di voto in dissenso. Oibò, i paladini della legalità ad ogni costo vogliono violare i regolamenti?
Il problema, fra l’altro, è che la posizione di Musso è riuscita anche a scontentare la stessa Repubblica. E cinquantacinque pagine dopo, nelle pagine liguri, Ava Zunino, pezzo pregiatissimo dell’argenteria di famiglia del Lavoro e giornalista per nulla faziosa, se la prende con Musso per la sua posizione pilatesca sul processo breve: nè sì, nè no.
Insomma, il risultato della dichiarazione di voto di Musso è quella di aver scontentato tutti, perdendo voti dagli elettori di centrodestra, senza guadagnarne fra quelli di centrosinistra. E questo per chi si candida a mandare a casa la giunta fallimentare di Marta Vincenzi non è il massimo dei risultati possibili.


Ultimo punto: Musso ha spiegato che il suo non voto è stato dovuto anche al fatto che non si è detto chiaramente che era una norma ad personam. E, sinceramente, mi pare una motivazione curiosa, una sorta di processo alle intenzioni della legge.
Ok, facciamolo pure questo processo. Purchè sia un processo breve.

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