Il centrodestra riparta da candidati della società civile

Il centrodestra riparta da candidati della società civile

(...) ragione. Ce l’ha certamente quando chiede di «uscire dalla logica dei nominati» e domanda «la legittimazione popolare dei dirigenti politici».
Del resto, Morgillo è sempre stato eletto con le preferenze e certamente il suo lavoro in consiglio regionale è spesso prezioso e di qualità, proprio perchè conosce la politica e i suoi meccanismi. Dove però, secondo me, il vicepresidente del consiglio regionale sbaglia - e mi sento di dirglielo pubblicamente proprio perchè Gino è anche un mio buon amico personale e credo che agli amici vada detto tutto, quello che si condivide e quello che non si condivide - è nel dare le sue critiche in pasto alla stampa e, in questo caso, a Facebook. Strumento che non è pubblico come un comunicato ufficiale, ma comunque semipubblico se usato da un esponente politico.
E qui non sono d’accordo. Perchè il risultato delle critiche di Morgillo, anche quelle giuste e addirittura quelle sacrosante contro il Porcellum e la cooptazione dei parlamentari (di cui, fra l’altro, è stato vittima lo stesso Morgillo, con la sovrabbondanza nelle liste liguri del Pdl di deputati e senatori della provincia di Imperia a fronte della mancata rappresentanza di quella della Spezia), è di indebolire ulteriormente il Pdl e il fronte del centrodestra. Anche in modo preterintenzionale, ad di là della volontà di Morgillo, che certo nasce positiva. E ha dimostrato intelligenza politica Scandroglio nel non rispondere.
Detto tutto questo, ribadisco, Morgillo ha delle ragioni. E nelle liste per le elezioni - soprattutto se rimarrà il Porcellum, di cui tutti dicono di essere schifati, ma che nessuno per ora tocca perchè fa comodo agli stessi che esprimono il loro disgusto per le liste di paracadutati - occorre una vera rivoluzione. Daniela Santanchè nei giorni scorsi ha parlato di almeno il cinquanta per cento di innesti dalla «società civile» e, a parte la terribile espressione che presuppone che tutta la politica sia «società incivile» (e, nonostante spesso faccia di tutto per apparirlo, è profondamente ingiusto ritenerla tale), ha perfettamente ragione: il punto è proprio questo.
Servono facce nuove, giovani, pulite. Gente che si è realizzata nel mondo del lavoro e delle professioni. Persone capaci di rivoluzionare il Parlamento e la sua stessa immagine. Ribadisco: meglio, molto meglio, se elette direttamente dal popolo e non nominate, ma se rimanesse il Porcellum pudore vorrebbe che venissero posti nei primissimi posti delle liste e non come foglie di fico nelle retrovie. Questa regola vale per tutta la politica, ma dovrebbe valere doppiamente - e Berlusconi l’ha capito bene, anche per la continua lettura di sondaggi che danno il Pdl in calo costante - per il centrodestra se vuole avere non dico un futuro, ma almeno una speranza di futuro. Quindi facce nuove, scelte in base al merito e a quello che hanno realizzato nella vita, oneste, pulite, educate e perbene. Non è impossibile, anzi l’identikit dell’elettore medio del centrodestra è proprio così. Sarebbe bello che lo fosse anche quello degli eletti.
Intanto, però, oltre alle critiche, Michele Scandroglio incassa anche un nostro plauso. Ed è per la presentazione della legge «anti-voltagabbana», una riforma dell’articolo 67 della Costituzione («Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato») che è la scusa per ogni collezione di deputati e senatori dolci nelle spiegazioni, ma soprattutto nel voltar gabbana. Per l’appunto, dolci e voltagabbana.
Il titolo della proposta di legge costituzionale di cui Scandroglio è primo firmatario (e che, insieme a tanti altri, fra cui l’ex ministro Giorgia Meloni, è sottoscritto anche da un altro parlamentare ligure, Roberto Cassinelli) è «Modifica all’articolo 67 della Costituzione, in materia di dichiarazione di appartenenza dei membri del Parlamento a un gruppo parlamentare». Il testo, di un solo articolo e di un solo comma, è brevissimo: «All’articolo 67 della Costituzione è aggiunto, in fine, il seguente comma: “Al momento dell’entrata in carica, ogni membro del Parlamento dichiara l’appartenenza a un gruppo parlamentare; in caso di dimissioni da tale gruppo egli è iscritto di diritto al gruppo misto e non può aderire o formare altri gruppi“». Stop, fine, punto.
Dico subito che sono d’accordo. Ma vado oltre, molto oltre Scandroglio.

Penso che chi tradisce i propri elettori, soprattutto con questa legge elettorale per cui gli eletti non rispondono direttamente a chi li vota, ma solo ai quattro o cinque che li nominano, non debba andare al gruppo misto. Ma, molto più semplicemente, a casa.

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