Non doveva fare il militare. Gliel'hanno fatto fare. E lo hanno rovinato. Non doveva fare il militare perché suo fratello aveva già gravi problemi psichici. Arruolato a forza, ha resistito sei mesi, poi ha perso la testa anche lui. Adesso, per avere a tutti i costi quella recluta in più, chissà quanto indispensabile nell'economia della Marina Militare, lo Stato italiano dovrà sborsare alcune centinaia di migliaia di euro più una pensione mensile di invalidità, nonostante per dodici anni abbia provato a respingere ogni responsabilità.
La storia di B.M., un giovane imperiese che oggi ha 33 anni, è una delle ultime legate al servizio di leva obbligatorio, andato in pensione nel 2004, che si trascinano a suon di carte bollate. Una storia assurda, nata da una visita di leva che avrebbe dovuto riformare il ragazzo, tenendo presente che nella sua famiglia c'era già il caso del fratello, affetto da «disturbo schizoaffettivo con ricoveri in Spdc e seguito dal servizio di igiene mentale imperiese». Arruolare un soggetto potenzialmente a rischio era assurdo. Eppure da perte dei medici militari «in sede di accertamenti effettuati durante la selezione attitudinale non è stato mosso alcun rilievo ed è stato assegnato alla recluta il profilo 1 anche per la parte psichica.
Abile e arruolato dunque. E sbattuto a bordo del rimorchiatore «Porto Conte» come nocchiere. Neppure un servizio rilassante in qualche ufficio. Indossata la divisa il 27 aprile, B.M., il 12 ottobre era già in ospedale a Pisa, ricoverato un paio di settimane per «stato misto psicotico» e poi lasciato a casa in convalescenza per due mesi, fino al congedo definitivo per inidoneità al servizio militare datato 28 dicembre. In altre parole, un ragazzo rovinato dalla naja. È quello che ha sostenuto fin dal primo momento l'avvocato Andrea Bava, specialista nella difesa di soggetti che hanno subito danni permanenti per cause di servizio. Lo Stato però ha provato a negare ogni responsabilità. Una commissione della Marina Militare ha respinto subito la richiesta di pensione privilegiata, e così il giovane imperiese ha dovuto fare ricorso alla Corte dei Conti. «Lo stress causato dall'impatto con il servizio militare, caratterizzato da rapporti formali e gerarchici - ha fatto presente l'avvocato Bava -, accompagnato dallo sradicamento dall'ambiente familiare e sociale, ha avuto un ruolo causale nel disagio insorto, sfociato nella schizofrenia». Naturalmente non è che il servizio militare possa provocare a tutti la stessa reazione. Ma B.M. era particolarmente a rischio, era facile intuire che in lui la naja potesse portare uno sconvolgimento devastante. Anche perché le malattie psichiche possono avere origine genetica.
La Corte dei Conti della Liguria, non più tardi di un mese fa, ha accolto questa teoria, anche perché suffragata dal parere di esperti del San Martino, chiamati a firmare una perizia super partes. Una perizia che «ha ritenuto ammissibile la sussistenza di un ruolo concausale efficiente e caratteristico del servizio militare nell'insorgenza della malattia». E ancora che «la schizofrenia trova un importante base genetica sulla quale poi si innestano altri fattori che ne condizionano l'insorgenza». I gravi problemi del fratello doveva portare all'esonero di B.M.
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