Garrone, se un petroliere trasforma la carne in oro

(...) Insomma, da goloso (e da cliente) è qualcosa che vi consiglio. Soprattutto, perché il primo Maxelâ nasce con la grande intuizione imprenditoriale di far rivivere l'identità dei vicoli genovesi. Certo, in tutto questo c'è anche una notevole dose di marketing, ma se il marketing serve a far rivivere l'identità e i vicoli, viva il marketing.
E allora iniziamo questa storia da vico Inferiore del Ferro, pochi metri di strada fra via Garibaldi e la sua magnificenza che richiama la storia dei Rolli e di palazzi meravigliosi e l'anima di via Macelli di Soziglia, strada che quasi nella toponomastica ha il racconto delle sue destinazioni commerciali: in poche decine di metri c'è una concentrazione di macellai impressionante. Uno su tutti, Piero, che maneggia coltellacci e genoanità con la stessa passione, affabulatore capace di organizzare siparietti quotidiani con i clienti. Assolutamente consigliato a chi cerca la carne doc, assolutamente sconsigliato a chi non ama la vita slow. Perché, da Piero, occorre mettere nel conto un'oretta di vita, prendere o lasciare. Io prendo volentierissimo.
Parentesi lunga, ma indispensabile ad inquadrare la scelta della sede (no, location no, mi rifiuto) per il primo Maxelâ, aperto a Genova il 10 dicembre 2003 proprio a pochi passi da via dei Macelli di Soziglia, dove un tempo scorrevano piccoli torrenti d'acqua che sgorgavano nella piazza delle Fontane Marose. E, anche qui, c'è da restare a bocca aperta di fronte a un mondo che, non solo, ha il centro storico più bello, più grande (e peggio gestito, ma questa è un'altra storia) d'Europa, ma ha anche una toponomastica che è essa stessa un valore aggiunto, un patrimonio Unesco da tutelare, esattamente come i Rolli.
Insomma, sta di fatto che i caruggi pieni d'acqua servivano ai macellai e ai maestri d'ascia a ripulire le proprie lame dalle pelli e dalle interiora dei bovini. E, proprio in omaggio a quella nobile e antica arte, è stata decisa l'apertura del primo Maxelâ, proprio lì. Due sale: la prima era una stalla e, infatti, dal soffitto si vede un foro, che è quello da cui veniva fatto cadere dall'alto il fieno per le bestie. La seconda sala, invece, era una trattoria fin dal settecento e l'arredamento e le frasi poetiche su carta paglia - la stessa con cui vengono presentati i menù, pinzati da ganci a tavolette di legno - fanno il resto.
Ma siamo ancora, assolutamente, alle premesse. Perchè la storia che vogliamo raccontare oggi è assolutamente economica, uno di quei piccoli miracoli italiani e genovesi che danno le dosi di ottimismo necessario ad andare avanti. E parte dal Maxelâ - e dai Maxelâ - per raccontare la Arg, acronimo di Alessandro Ristorazione Garrone.
Non è un'omonimia. È proprio quell'Alessandro Garrone, il figlio di Duccio e guida della Erg. Che, infatti, ha preso a prestito l'idea dal nonno, che fondò la società petrolifera battezzandola con le iniziali di «Edoardo Raffinerie Garrone» ed è l'Edoardo a cui Duccio e la sua famiglia, con la collaborazione indispensabile del direttore generale Paolo Corradi, hanno intitolato la Fondazione che fa la differenza nella cultura genovese.
Da quel negozio, e dalla collaborazione fra Alessandro, che della società è presidente, e Roberto Costa, che vive il mondo della ristorazione da quando aveva 17 anni e lavorava come cameriere nella trattoria di famiglia a Cornigliano, nasce la catena dei Maxelâ che, dai vicoli si è allargata a via Albaro a Genova, sempre con la formula dei tavoli di marmo e del banco da macellaio, sempre in marmo, al centro del locale, con esposte le carni che poi si possono mangiare.
E poi, due locali a Milano, in via Villoresi e in via della Moscova, due a Roma, uno a Modena, uno a Livorno, uno a Rimini, uno a Torino e un locale specifico dedicato agli hamburger.

Anzi, agli Arg Burger, sempre a Genova, in vico Salvaghi. Il tutto controllato dalla sede di via Roma.
Il tutto in meno di nove anni. Di più miracoloso c'è solo la cottura delle fiorentine.
(12-continua)Massimiliano Lussana

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