Il giorno dell'alluvione, lo scorso 4 novembre, «alle ore 12 il livello del rio Fereggiano era già gravemente allarmante, oltre il colore rosso del segnalatore, e fuoriusciva sulla strada all'altezza dei ponti. Inoltre, a causa della pioggia torrenziale che si stava abbattendo su quella zona, il livello delle acque era prevedibilmente in grande aumento». Ne è convinta il gip Annalisa Giacalone, che ha firmato l'ordinanza che l'altro ieri ha portato all'arresto (ai domiciliari) del dirigente del dipartimento di Protezione civile del Comune Sandro Gambelli, indagato insieme ad altri due funzionari comunali addetti alla pubblica sicurezza e incolumità Pierpaolo Cha e Gianfranco Del Ponte. L'esondazione avvenne alle 12.53, quasi un'ora dopo, e da lì a pochi minuti le sei persone sorprese dall'ondata di fango morirono.
Dalle indagini è emersa secondo il magistrato «soprattutto una clamorosa discrasia tra gli accadimenti reali, come testimoniati dalle persone ascoltate e dalle immagini acquisite e quella che veniva rappresentata in alcuni atti ufficiali trasmessi alla Procura dal Comune di Genova». I tre funzionari sono indagati di falso e calunnia per aver indicato nelle carte la piena alle 12.15 e non alle 12.53 quando è effettivamente avvenuta: secondo il disegno accusatorio della procura di Genova avrebbero falsificato il verbale sull'alluvione che determinò sei morti e la devastazione di un intero quartiere genovese, anticipando l'ora dell'esondazione del torrente Fereggiano così da ridurre la propria possibilità d'azione. Per farlo, sempre secondo la procura genovese, avrebbero attribuito dichiarazioni false ad un volontario di protezione civile addetto all'osservazione del livello del torrente Fereggiano. Dichiarazioni negate dallo stesso volontario oltreché dai filmati raccolti dagli inquirenti e dalle testimonianze raccolte sul posto. «Sul Fereggiano sono andato solo alle ore otto. Alle 12 non ero lì, quindi non posso essere stato rimandato in un luogo in cui prima non ero né avrei potuto dare la segnalazione di torrente sotto il livello giallo, dunque non preoccupante», ha riferito agli inquirenti il volontario, che precisa ancora: «escludo di avere mai dato una simile segnalazione per il rio Fereggiano. Non mi risulta che l'abbiano data altri della mia squadra perché l'auto di servizio era bloccata nel traffico e quindi impossibilitata a raggiungere la zona».
Per di più le stesse funzionarie dell'ufficio di Gambelli hanno ammesso che il verbale da loro messo a punto in vari passaggi è stato modificato. In particolare una funzionaria in relazione al passaggio in questione dice: «Sono certa di non averlo scritto».
Questione di tempi, dunque e in più forse qualcuno può aver sottovalutato o non saputo o non compreso che il Fereggiano stava diventando una bomba.
Secondo il giudice infatti «l'esondazione del torrente non poteva rappresentare evento improvviso e non prevedibile in quanto esito di un progressivo aumento del livello delle acque protrattosi per circa un'ora rispetto alla situazione di allarme già riscontrata». «L'attività di indagine - si legge ancora nell'ordinanza - faceva emergere una costruzione assolutamente chiara e univoca degli accadimenti, riscontrata dagli spezzoni dei filmati e delle fotografie acquisite, dalla quale emergeva, da un lato, come nessun avviso di pericolo fosse stato diffuso nella tarda mattinata di quel giorno alla popolazione residente in via Fereggiano e nelle zone a valle della via (il traffico aperto, gli autobus in funzione, la gente circolava per strada) nonostante la situazione del rio fosse già gravemente allarmante almeno un'ora prima del momento in cui si verificò l'esondazione e la conseguente onda di piena che cagionò le vittime». Se a qualcuno venisse da chiedersi cosa facesse in quel momento l'assessore alla protezione civile Scidone, risponde lui stesso dai microfoni di Radio Babboleo. «Nel 2011 ci siamo mossi su tutte le segnalazioni che arrivavano alla centrale operativa. Non c'è una responsabilità politica nell'emergenza perché questa è gestita da tecnici».
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