Cronache

A livello mondiale il Pil non cresce abbastanza

A livello mondiale il Pil non cresce abbastanza

In effetti negli ultimi tempi, giornali e televisioni hanno dato molto spazio alle cronache politiche e giudiziarie che, per altro, hanno coinvolto anche esponenti del mondo della finanza o ad eventi di importanza enorme dal punto di vista storico e religioso.
Diremo che uno dei fatti più significativi in campo economico è stata la riunione del G20 a Mosca. A questo incontro hanno partecipato i Governatori e i ministri economici di 19 Paesi più l'Unione europea. Tutti i big mondiali (Usa, Canada, Russia, Gran Bretagna, Giappone, Germania comprese le potenze emergenti Cina, India, Sudafrica, Turchia e ancora Arabia, Indonesia, Corea). C'è anche l'Italia; non fanno parte del summit Spagna e Svizzera.
I rappresentanti del G20 rappresentano due terzi del commercio e della popolazione mondiale e l'80% del Pil. Ricordiamo che il Pil è il valore totale dei beni e servizi prodotti e destinati al consumo, agli investimenti e all'esportazione.
A Mosca, si è discusso innanzi tutto di questo. Il Pil, a livello mondiale, non cresce abbastanza; gli strascichi della crisi del 2008 pesano ancora sulla ripresa, specialmente in Europa. Gli ultimi dati arrivati relativi al 2012 sono stati piuttosto deludenti: crescita media negativa -0,6% nell'Eurozona con Stati che stanno meglio (Germania) e altri, come l'Italia, che chiudono il 2012 con un calo di oltre 2 punti percentuali.
Timidamente positivo il Pil di Giappone +2,5% e Usa +2,2%.
Discorso a parte per Cina (il cui prodotto interno lordo cresce di oltre il 7%) e le altre economie emergenti.
Al G20 si è anche discusso delle cure sino ad oggi somministrate all'economia malata che sono molto differenti tra un «dottore» e l'altro.
Mentre l'Europa ha scelto per uscire dalla crisi il rigore di bilancio imponendo agli Stati membri di mettere a posto i conti pubblici devastati anche dagli interventi che i governi hanno dovuto fare a sostegno del sistema finanziario nel 2007/2008, Usa e Giappone hanno scelto la via del QE cioè stampano moneta e la mettono in circolazione comprando titoli dalle banche; queste ultime si liberano di obbligazioni che potrebbero gravare sui bilanci a causa della loro scarsa liquidabilità e si riforniscono di denaro da immettere nel circuito economico per favorire la ripresa.
Pensiamo che la Banca Centrale americana compra ogni mese obbligazioni garantite da mutui e titoli pubblici per 85 miliardi di dollari e la banca del giappone ne compra per 13.000 mld di Yen (che equivalgono a 145 miliardi di dollari). In aggiunta, il nuovo primo ministro giapponese ha varato un piano di investimenti da 116 mld di Usd per rilanciare l'economia.
Eppure i conti pubblici di Giappone e Usa non sono certo positivi; il primo ha un rapporto deficit/Pil del 10% (l'Italia è a 2,9%) e un rapporto debito/Pil del 236% (noi siamo al 126%).

Sono scattati i tagli necessari per contenere il debito già oltre il 107% del Pil (il deficit all'6,7%).

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