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La partita della vita da vincere con i «sì»

La partita della vita da vincere con i «sì»

(...) mi ha fatto enorme piacere leggere le parole del console dei camalli della Compagnia Unica Culmv Antonio Benvenuti all’assemblea della Spediporto di Roberta Oliaro: «Doria ha parlato di dialogo con i comitati, ma arriva un momento in cui ti devi scontrare: o scegli il Porto o scegli i comitati. Vuoi veramente uno scalo che ritorni ai fasti del passato, come ho sentito dire oggi? Allora devi scegliere conseguentemente, perchè alla fine di tutti i confronti una decisione devi prenderla. Tanto per essere chiaro, se un professore incontra i cittadini di Voltri per discutere della possibilità di chiudere il porto dalle 22 alle 6 perchè le gru fanno rumore...ecco, questa non è una cosa che per noi può andare bene».
Vedete, Antonio Benvenuti è una delle persone più liberali che conosca, uno che ha accettato le leggi di mercato e che ha portato i camalli sul mercato, sconosciuto legislativamente ai tempi di Paride Batiti. Ma Benvenuti non è un pericoloso ultrà liberista della scuola di Chicago, nè un seguace oltranzista della scuola degli allievi genovesi di Milton Friedman e nemmeno un iscritto all’istituto Bruno Leoni o un emulo di Carlo Stagnaro.
Molto più semplicemente, Benvenuti è iscritto a Lotta Comunista. Ma le sue parole, su questa storia, sono le mie.
Allo stesso modo, ho apprezzato molto un’intervista a Primocanale di Ignazio Messina, una delle anime dell’omonima società di armatori. Ora, a parte il fatto che ogni volta che Ignazio appare in video fa strage di cuori femminili, tralascio tutte le domande e le risposte su banchine, riempimenti, Ronco-Canepa, varie ed eventuali. Non ho la preparazione, nè le competenze tecniche per poter affrontare seriamente il discorso.
Ma sulle ultime due domande, quelle relative ai problemi della città, su quelle sì che dico volentieri la mia. Perchè Ignazio Messina ha chiesto, come cittadino e come elettore, non come armatore, una cosa sacrosanta: che la smettiamo con la demagogia sempre e comunque. E ha fatto anche qualche esempio concreto.
Gli esempi di Ignazio sono i miei esempi: ad esempio, quando ha ricordato tutto quanto di buono diciamo del nostro centro storico, il più grande e il più bello d’Europa. Ma, allo stesso tempo, non è possibile che quei vicoli siano terra di nessuno, che non siano presidiati, che non si aprano decine di stazioni di polizia e carabinieri. E, aggiungo io, che ci sia una certa sinistra, non tutta per fortuna, che si ribella all’arrivo di forze dell’ordine, di telecamere e dei soldati. Dov’è l’errore?
Oppure, la demagogia che ci dice di non costruire in riva al mare. «Ma Boccadasse, che vengono da tutto il mondo a vedere, è costruita addirittura sugli scogli» ha spiegato Messina. E il punto è proprio lì: il problema non è dove si costruisce, ma come si costruisce. Le brutture, le oscenità architettoniche e ambientali non dipendono dal numero di metri di distanza dalla battigia. Basta guardare i quartieri peggiori: sono tutti in collina, spesso costruiti con criteri ideologici, come le Dighe a Begato (e lo stesso discorso varrebbe altrove, come per lo Zen a Palermo). E invece, anche senza tirare in ballo ancora Boccadasse, basta guardare alla nobiltà delle costruzioni in riva al mare di Cornigliano o di Sampierdarena.


Perchè un tempo si costruiva così e poi, soprattutto dagli anni Cinquanta agli anni Ottanta, si è costruito in un altro modo? La domanda sta tutta lì, lo scandalo pure. Qui sta il punto.
Ecco, una città che lotta contro la demagogia e per avere un futuro è la mia città. Credo che basti leggere i programmi ed ascoltare i candidati per capire chi la vuole così. E chi no.

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