di Ferruccio Repetti
C'erano anche loro, l'altro giorno, in fila per ore davanti al Viminale, sede del ministero dell'Interno, in attesa di depositare il simbolo elettorale. C'erano, pazienti e composte, senza perdere neanche per un momento lo stile che dovrebbe sempre contrassegnare l'altra metà del cielo, l'universo femminile, e chi più ne ha più ne metta di definizioni che sono altrettanti e triti luoghi comuni. Insomma, c'erano e si sono fatte avanti, al momento giusto, le rappresentanti ufficiali di «Fratellanza donne», il partito, lo schieramento, il movimento, e chi più ne ha più ne metta, e dai!, di definizioni che, forse, vanno bene tutte. «Purché, sia chiaro, si dica che si tratta di un partito femminile e non femminista, nato dalla necessità di condividere e di interpretare come classe sociale tutte le donne!». A ribadirlo è Mirella Batini, leader di «Fratellanza donne»: è lei che ne ha ispirato l'esordio al principio del 2011, e un anno dopo ne ha battezzato la fondazione, a Genova, ma a vocazione nazionale. Con la stessa determinazione, verrebbe da dire di Mirella, che aveva e le ha trasmesso nel sangue il padre Paride, indimenticato console della Compagnia unica merci varie del porto. Hanno depositato il simbolo, dunque, le esponenti di «Fratellanza donne», praticamente uniche nel panorama generale nel caratterizzare la componente femminile (l'altro simbolo depositato finora è «Donne per l'Italia», limitato a Veneto e Lazio). Con un programma ben determinato: no alle quote rosa, discriminanti, e invece sì alla «nuova classe sociale delle donne nella fratellanza». Mettendo l'obiettivo in rete, nel senso del web: proprio lì il partito, spiega sempre lei, Mirella Batini, «ha la sede politica e il manifesto». Precisiamo, sempre dalla Magna Charta di Mirella Batini: «Il partito nasce in rete per evitare strumentalizzazioni di carattere economico e politico. Ed è attraverso al rete che le nostre socie ordinarie fanno conoscere le idee».
Altre specificità: lo statuto stabilisce che non vi sia l'ingresso di donne che abbiano o abbiano già ricoperto ruoli istituzionali. Organo supremo del movimento è l'assemblea «che approva il manifesto programmatico e nomina le candidate alle elezioni». Da sole, piuttosto che male accompagnate: infatti non è prevista nessuna alleanza con nessuno dei partiti politici esistenti. Anzi, in prospettiva, il partito deve diventare trans-nazionale. E a chi osa chiedere se fosse proprio necessario un altro partito, la presidente di «Fratellanza donne» replica con assoluta serenità. Sul web, e con un ventaglio di motivazioni: «Intanto perché è da quando sono piccola che le ingiustizie non le sopporto! E poi perché, dopo tanti anni di militanza nel volontariato ho preso atto che i partiti possono influenzare le "politiche" del volontariato, ma il volontariato non riesce a scalfire le "politiche" dei partiti». Basta questo per salire montianamente in politica? Niente affatto: «Credo che mancasse - scrive ancora Mirella - un partito di pressione sociale o, anche, di spinta sociale propulsiva». Viene il colpo finale, che mette a tacere i finti paladini delle donne e veri traditori del consenso: «Sono stufa di sentir parlare di quote rosa. La rappresentanza femminile si conquista con il voto, non con le concessioni ingenerose».
Ci sarebbe anche un'appendice, che però fa parte di un'altra e alta idea della politica: «Il nuovo partito mi è venuto così, come moto dal cuore, come quando ci s'innamora di un pensiero, un luogo, un'altra anima. Cioè, senza un vero perché». Peccato che i voti vadano a quelli che «sanno il perché», e mettono in lista le donne non per convinzione, ma solo per decreto ministeriale.
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