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Quella carta straccia che dava Marco Doria spacciato alle primarie

Quella carta straccia che dava Marco Doria spacciato alle primarie

(...) Certo, Marco Doria parte favoritissimo, rispetto a quanto lo sarebbe stata una Marta Vincenzi ricandidata. Ma solo perchè si presenta riverniciato di nuovo, mentre in realtà rappresenta la stessa identica maggioranza che ha governato fino ad oggi. Ed è un’operazione non molto onesta intellettualmente far pensare che sia espressione di discontinuità con quello che abbiamo visto fino ad oggi. Anzi, dirò di più: era molto più discontinua la «prima» Marta, quella del primo anno del mandato, rispetto a Pericu, di quanto lo sia Doria rispetto alla Vincenzi.
Andiamo avanti. Nei mesi, nelle settimane e nei giorni precedenti le primarie del Pd, i sondaggi spuntavano come i funghi. C’erano quelli ufficiali del Pd, quelli ufficiosi dello staff di Marta, addirittura quelli dell’Api di Rutelli, quelli dell’Italia dei Valori e quelli commissionati dai vari giornali. Tutti certificati, tutti fatti da istituti importanti e tutti timbrati con i metodi Cati e i bollini al loro posto.
Insomma, sta di fatto che nessuno di questi sondaggi, non uno, dava Doria non dico vincente, ma nemmeno al secondo posto. Un po’ come se si orecchiassero i discorsi da bar sul tema «A me piace di più la Marta», oppure «Scherzi, vuoi mettere l’eleganza della Roberta e quel cachemirino color vinaccia che ha nei manifesti?» e li si spacciassero per sondaggi.
Ecco, ribadisco, senza sapere a che corpo elettorale ci si riferisce, anche i sondaggi di questi giorni sono esattamente quella roba lì: carta straccia e nient’altro che carta straccia. Soprattutto, perchè entra in gioco un altro fattore: ad esempio, molti di quelli che hanno detto che avrebbero votato Doria, non sono a conoscenza della presenza a sinistra di altre liste che contrastano il governo Monti, dai grillini del Movimento Cinquestelle, ai comunisti di Delogu e di Marco Rizzo a quelli di Marco Ferrando, la cui posizione contraria a ogni riforma dell’articolo 18, ad esempio, può essere molto più forte e credibile di quella del Pd. E, allo stesso modo, se da un lato il basso livello di consensi per Vinai e anche per Edoardo Rixi si spiega fondamentalmente con il fatto che i sondaggi si riferiscono a candidature non ancora consolidate mediaticamente, molti di quelli che hanno optato per Musso non sanno che non è più il candidato ufficiale del centrodestra. Il che, sia ben chiaro, non è certo colpa di Musso. E lui, se riesce a giocarci sopra, fa benissimo.
L’ultimo aspetto che rende i sondaggi inattendibili, l’ha spiegato bene Susy De Martini, candidata a sindaco per la Destra di Storace che, fra tutti quelli che corrono per Tursi, ha preso le posizioni più forti e identitarie e sta firmando una campagna elettorale molto efficace. Susy, che riesce a essere camaleontica, ha estratto dal suo guardaroba di specialità il ruolo di docente di psicologia clinica all’Università di Genova, per analizzare i meccanismi mentali che stanno dietro ai sondaggi che lei definisce «fasulli», approfondendo i temi che in passato scrisse proprio su queste pagine del Giornale di Genova e della Liguria: «Il motivo reale della diffusione di sondaggi incompleti e inaffidabili è uno solo: aiutare un candidato o una coalizione considerati deboli.

Era già avvenuto alle passate elezioni amministrative nel 2007, con sondaggi, pubblicati dagli stessi quotidiani, che davano Marta Vincenzi in vantaggio di oltre dieci punti percentuali sul suo competitor Enrico Musso e per la Provincia Renata Oliveri sotto di una percentuale a due cifre rispetto ad Alessandro Repetto. La verità delle urne ha poi smentito quei sondaggi fasulli».
Insomma, trattiamo i sondaggi per quello che sono, un simpatico gioco di società. Poi, però, pensiamo alla città e alle elezioni. Ma quelle vere.

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