di Massimiliano Lussana
È un nostro vecchio cavallo di battaglia, che ogni tanto si scontra con i lettori che lo rimproverano per la mancata sospensione dall'abito talare di don Gallo o don Farinella. Ma, man mano che passano gli anni della sua permanenza a Genova, il cardinale Bagnasco si conferma il miglior intellettuale genovese. E parlo anche del punto di vista laico, non solo di quello strettamente religioso, il cui ovviamente il «nostro caro Angelo» ha gioco facile, da teologo sopraffino. Il che, a mio parere, è ancora più forte del ruolo politico da presidente della Cei.
Ribadisco: qui ragioniamo dal punto di vista laico. E posso testimoniare personalmente che, ad esempio, sulle vertenze occupazionali principali della città - da quelle con problematiche serie (che si tratti di Ilva, di Fincantieri o della cessione di Ansaldo Energia, ma anche di tanti casi che passano sotto silenzio e che riguardano piccole e medie imprese), fino invece al riconoscimento delle cose che funzionano bene, come è stato nel caso del miracolo (laico) del trasferimento di una multinazionale come Carestream Health da Milano a Genova - il cardinale Bagnasco è più presente di tutte le istituzioni e di tutti i parlamentari messi insieme, spesso senza soluzione di continuità fra destra e sinistra. Poi, certo, non sono tutti uguali e ci sono molti che lavorano duramente per portare a casa risultati a fronte di alcuni che stanno solo a guardare. Ma, comunque, l'arcivescovo, anche grazie all'impegno silenzioso e capillare della struttura dei cappellani del lavoro, fa più di tutti loro.
Però, dicevo oltre al ruolo sociale e civile di Bagnasco ce n'è uno filosofico. Che riesce ad emergere prepotentemente anche grazie alla chiarezza della sua prosa. (...)
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