Al cinema negli anni Trenta: che gioia veder apparire il titolo del film in programma e, finalmente, mettersi in bocca quella piccola pallina dolce, che papà ci ha passato, assaporare la memoria del frutto e poi, morderla appena per spaccarla a metà, andare al centro del piacere e assaporare lentamente tutta la dolcezza che ne scaturisce, sino all'ultimo granellino mentre lo spettacolo rasserena la mente e prepara l'animo alla gioia o alla commozione.
In quel momento eravamo felici, non desideravamo nient'altro; e poi, la felicità non si rapporta all'importanza del desiderio. D'estate, quasi ogni giorno, insieme alla zia Lina ci recavamo da via Antiochia al mare ai Bagni S. Nazzaro, in corso Italia. Nulla a che vedere con le spiagge di Monopoli da dove arrivavo: lì sabbiose, solitarie, calde; qui brevi, ventilate, affollate, fatte di ciottoli levigati e modellati pazientemente dal tempo e dalle onde, ma che rendevano doloroso il camminarvi sopra.
La domenica, infine, si andava a fare qualche gita sui monti circostanti, portati da fumose e cigolanti corriere azzurre. Ci si fermava in qualche osteria dei paesi di transito per mangiare un po' di fave e salame, qualche bicchiere di vino per i grandi e gazzosa per i ragazzi. Al tramonto, si tornava in città, spesso a piedi, con ciuffi di ginestre o anche rami pieni di rosse corbezzole.
Rividi mia mamma nell'autunno inoltrato del 1936. Papà, in uno di quei giorni, mi comunicò che avrei incontrato la mamma; non a Milano però. Sarebbe venuta lei a Genova insieme a Nives. Ne fui felice ma anche sconcertato: anche Nives? Già, Nives. Non l'avevo più vista da quanto, a Trieste, era andata in un collegio di suore dopo la malattia. Quanti anni! Non riuscivo a ricostruirne la figura nella memoria, mi sembrava che fosse paffutella, con la frangetta sulla fronte, un po' antipatica. Chissà come sarà grande, mi chiedevo.
Arrivarono un sabato pomeriggio alla stazione Principe. Scendemmo subito nei vicoli dell'angiporto (allora non molto malfamato) per raggiungere un alberghetto della zona dove papà aveva prenotato una stanza per la notte delle due ospiti. Piovigginava e io, dopo aver ridisegnato completamente l'immagine di Nives senza frangetta e non più antipatica, per rivitalizzare il rapporto, esordii con un'osservazione sciocca: «La parte superiore del tuo impermeabile è bagnata molto più di quella inferiore». «Sì» rispose lei compiaciuta della sua femminilità «mi si è sviluppato il seno; ho quasi quindici anni!».
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