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Ravagnan, quel vero cieco che cantava e suonava beneVia Luccoli in bianco e nero

Tra i ricordi che il dibattito sulle «cose perdute» mi ha fatto tornare alla mente e che tengo a condividere con gli altri lettori del Giornale ce ne sono in particolate due.
1) La ghiacciaia di famiglia.
Bambino negli anni '50 ed adolescente negli anni '60, oggi mettendo in ordine il box ho spostato un vecchio frigorifero Fiat (con compressore Westinghouse) che unzionò per 20 anni prima del pensionamento per esigenze di un nuovo frigorifero con il freezer e che oggi ha la funzione di un ripostiglio ma quel frigorifero entrò in casa nostra nel 1958 mandando in pensione il mobile-ghiacciaia dove ogni mattina in estate portavo il «pezzo di ghiaccio» acquistato in strada tra le 8.00-8.30 quando si fermava il motocarro a tre ruote dal rumore inconfondibile dei motori Guzzi, guidato da colui che d'inverno vendeva legna e carbone e noto come «il carbonaio» anche quando vendeva pezzi di ghiaccio sempre ricoperti da sacchi di juta, gli stessi dei sacchi di patate oggi sostituiti dai sacchi in plastica.
La vecchia ghiacciaia era un mobile resistente alle intemperie che stava in terrazza tutti i mesi dell'anno ed in estate serviva per mantenere fresca la frutta e la verdura, qualche bibita in bottiglia come il Chinotto o la birra Forst e funzionava sei giorni su sette in quanto alla domenica mancava la fornitura del ghiaccio.
Ricordo che tanti bambini scendevano in strada sia soli sia accompagnati ed una volta acquistato il pezzo di ghiaccio (due chili per 100 lire) che veniva fasciato in uno strofinaccio, correvano a casa lasciandosi dietro tante gocce d'acqua che comportavano dei «mugugni» continui da parte della portinaia che poi doveva prendere lo spazzolone per asciugare l'ingresso condominiale oppure le scale e l'ascensore.
Poi... piano piano le famiglie cominciarono ad acquistare i nuovi frigoriferi e le ghiacciaie andarono in pensione anche perché mancava il servizio fornitura del ghiaccio ed il nostro vecchio «mobile-ghiacciaia» fu conservato in cantina ma al primo trasloco finì a rottame, con grande dispiacere, ma nella casa nuova non c'era posto per quel mobile di cui conservo solo delle fotografie in bianco e nero.
2) Il lavatoio (anni '50).
Nel periodo delle vacanze estive che duravano dal 20 giugno al 1 ottobre, a volte accompagnavo la nostra colf al «lavatoio» di Sant'Ilario al Mare situato tra la vecchia stazione Fs e l'inizio della Passeggiata a mare di Nervi; il lavatoio era un punto di incontro di tante donne e le colf si scambiavano le riviste chi portava «Sorrisi e Canzoni» e chi «Grand Hotel» e poi c'era chi durante il lavaggio cantava le canzoni di quell'anno (per una voce intonata ce n'erano dieci stonate) e le persone cercavano di fare presto per evitare che le altre stessero troppo tempo in coda ed ognuna aveva come dotazione un contenitore di biancheria «ovale» in lamiera zincata, una saponetta pesante di tipo «Marsiglia» e poi... tanto «olio di gomito» per lavare e per strizzare la biancheria lavata e pronta per essere stesa ad asciugare al rientro a casa.


Con l'arrivo della lavatrice nelle famiglie nei primi anni '60 i lavatoi da centri di socializzazione divennero luoghi di passaggio e sono dei pezzi di storia per chi li vide operativi fino alla fine degli anni '50.
Se mai riuscirò a rintracciare la sig.ra Maria Rosa (nostra colf a fine anni '50) vi farò scrivere le sue memorie al lavatoio più in dettaglio!

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