Cronache

Se due stanze sporche e degradate possono dirsi museo

Se due stanze sporche e degradate possono dirsi museo

(...) dell'edificio, all'esterno così come all'interno, pare che il tempo si sia fermato ad allora e che nessuno mai abbia messo mano nemmeno per imbiancare le pareti o quantomeno per stuccare i muri scrostati dall'umidità. Inchiesta sui musei civici di Genova, siamo all'ottova puntata e questa volta ci siamo inerpicati fin sopra Rivarolo, sulle colline della Val Polcevera che si affacciano su Genova. Qui allestito negli spazi dell'ex scuola elementare Maria Boero c'è il Museo di Storia e Cultura Contadina. Dopo aver percorso una strada impervia e a curve che si inerpica sulle colline, senza alcun tipo di indicazione, arriviamo di fronte ad un cancelletto di ferro verde sul quale c'è un cartello che ci conferma che siamo arrivati a destinazione. Entriamo e alla vista si apre un piccolo giardino a picco su Genova completamente incolto con al centro una statua in omaggio all'istitutrice (Maria Boero, appunto) che ogni mattina percorreva a piedi la strada da Bolzaneto a Rivarolo per insegnare ai ragazzi. Altri tempi.
Sulla sinistra c'è una piccola porta, come l'ingresso di una casa privata. Giriamo la maniglia e dall'interno si sente un rumore sordo di qualcosa che cade a terra. Spingiamo, sul pavimento c'è un lucchetto e tutt'intorno un atrio che tutto sembrerebbe tranne quello di un museo. Piccolo, angusto, sporco. Le pareti pieni di chiodi arrugginiti, vernice scrostata e macchie di umidità, senza contare l'intonaco completamente scrostato. Ma siamo sicuri di essere in un museo? Da un antro sulla destra, dietro una tenda sbuca il custode che ci accoglie con grande gentilezza e ci fa strada. Le stanze da visitare sono solo due e il biglietto costa tre euro. Saliamo una rampa di scale e arriviamo al primo piano. Gli ambienti sono piccolissimi, il corridoio stretto e con i soffitti bassi, in mezzo un tavolino con un vecchio telefono e sopra un appendiabiti. Sulla destra ecco la prima sala. Non c'è un cartello, una targhetta, un pannello, uno pezzo di carta che spieghi cosa stiamo guardando e che cosa sia rappresentato nella stanza che stiamo vedendo.
Sulle bacheche, ma chiamarle così è davvero un eufemismo perché si tratta di una struttura posticcia e traballante di mensole vecchie, sporche, logore, rotte e tubi di ferro, sono appoggiati vari utensili. Con grande sforzo di immaginazione riusciamo a leggere la spiegazione sulle targhette che a giudicare dal colore della carta e da quanto è sbiadito l'inchiostro sono ancora quelle dell'1983. Tutt'intorno, fogli A4 con scritte a pennarello di prodotti liguri in italiano e in genovese, fotografie in bianco e nero tutte ingiallite arricciate perché nessuno si è preso la briga di metterle in una cornice. Appese con lo scotch, manco a dirlo. Nella pancia della stanza, la ricostruzione di una cucina contadina ligure, accanto alla parete un altro foglio posticcio spiega i vari riti di preparazione per le feste tradizionali. I muri sono tappezzati da teli di iuta, in mezzo un tavolo con contenitori di pinoli, ceci, noci, pasta finta.
Passiamo nella seconda stanza, sperando che qualcosa migliori, ma non è così. In mezzo alla sala c'è un carro, alle pareti aratri e altri utensili. Una scritta su un pezzo di carta, fatta a computer, indica i vari processi dell'allevamento, della lavorazione della castagna. La cornice è desolante, con tende luride alle finestre, pareti sporche e anche qui fotografie accartocciate. Ma siamo sicuri che questo possa chiamarsi museo?
In realtà, le segnalazioni sullo stato di degrado dell'istituto ci sono state, ma pare che nessuno ancora le abbia accolte.

Sul sito dei musei civici di Genova c'è scritto che «è in corso di elaborazione un progetto di ampliamento dell'allestimento espositivo che metta in relazione i materiali raccolti in museo con emergenze storiche e naturalistiche dell'entroterra genovese e in particolare della Val Polcevera».
Ma dopo aver completato la visita - da soli ovviamente, perché qui arrivano solo le scolaresche nella migliore delle ipotesi e qualcuno la domenica a prezzo ridotto -, la domanda è ancora la stessa: che senso ha tenere un museo in questo stato?
(8-continua)

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