Cronache

Se i moli insegnano a superare le difficoltà

C'è un solo modo, «una condizione irrinunciabile» - a giudizio dell'imprenditore portuale Bruno Musso (nella foto), presidente del Gruppo Grendi - per superare l'attuale crisi economica e ridare slancio alla democrazia: realizzare «una diversa impalcatura istituzionale, non facile da immaginare ed elaborare teoricamente», ma indispensabile per affrontare e risolvere in positivo i rischi di un declino irreversibile dal punto di vista anche, se non soprattutto, sociale. Siamo - insiste Musso, nel suo libro più recente, «Scacco alla crisi» (De Ferrari Editore, 88 pagine, 8 euro) - in «una situazione analoga a quella della fine degli Anni Trenta, in quanto le soluzioni attualmente ipotizzate come la politica del rigore o l'aumento di spesa si riveleranno semplici palliativi destinati a peggiorare la nostra realtà». Nessuna fiducia, quindi, nelle teorie economiche tradizionali, in particolare nella ricetta keynesiana «che, delegando allo Stato il compito di regolare la domanda globale», hanno facilitato, in allora, la crescita e l'occupazione.
È vero che la teoria keynesiana è stata «rispolverata» da più parti, a livello trasversale, ma oggi, sottolinea l'autore - anche sulla base delle proprie esperienze «sul campo» al timone di un gruppo della logistica e dello shipping che ha costruito nel 1967 la prima nave full container italiana e, nel 1992, ha operato, ancora una volta per primo, nel porto di Genova, con la sua nave «Vento di levante» secondo le nuove regole della legge di riforma portuale - tale ricetta «non è più utilizzabile perché la crisi economica non nasce all'interno della parte capitalistica del sistema, gestibile attraverso il mercato, ma ha origine dall'inadeguatezza della parte istituzionale resa strategica dall'evoluzione tecnologica». È questa rivoluzione che, negli ultimi quarant'anni, ha consentito un salto di qualità all'Occidente portandolo a un livello di benessere mai raggiunto prima, ma non ha impedito, anzi, par di capire, ha favorito «la realtà in cui viviamo, mettendo in discussione l'equilibrio economico e sociale». In questo scenario, diventa più che mai urgente individuare una via d'uscita alternativa ai luoghi comuni, pur mutuati dalle teorie economiche di studiosi di prestigio, ma non più in grado di proporre soluzioni adeguate «prima che la situazione degeneri a tal punto da causare disordini sociali difficilmente contenibili».
L'autore di «Scacco alla crisi», dunque, denuncia i limiti del capitalismo, ma anche le tesi superate dei sindacati e della sinistra politica italiana, rifiutando pure la contrapposizione fra «tutto pubblico» e «tutto privato». Se si devono riconoscere i limiti del capitalismo, non si può essere indulgenti nei confronti della parte pubblica: «Stiamo assistendo alla fine della prevalenza capitalistica, non perché il capitalismo non regge più, ma perché il ruolo egemone è passato alla struttura pubblica, la quale però non è ancora adeguata al suo nuovo compito e diventa perciò un ostacolo alla produzione e un freno alla crescita dell'economia reale». E nemmeno vengono in aiuto, secondo l'imprenditore, le ragioni del Movimento 5 Stelle, cioè le utopie di chi pensa «di ricreare la democrazia diretta degli ateniesi utilizzando sofisticati sistemi di comunicazione collettiva via web», in quanto si rivelerebbe «impossibile, senza un nuovo strumento partecipativo, dare la conoscenza a tutti per decidere su tutto», con il risultato di una «decisione casuale che provocherebbe fenomeni di isteria collettiva e risultati peggiori rispetto alla situazione attuale». Proprio per questo Musso suggerisce «una maggiore partecipazione democratica», intesa nel senso di «aumentare sia il numero dei soggetti che hanno diritto a partecipare alle decisioni pubbliche, sia il peso delle loro scelte». Ecco allora che si impone il modello basato sul «nuovo punto di partenza destinato a riunire interessi e necessità collettivi»: il Municipio, integrato nel Comune, nella Regione, nello Stato, nell'Unione Europea, che ai vari livelli servono gli interessi comuni di competenza. In un rapporto biunivoco: i rappresentanti dei Municipi eleggeranno i loro rappresentanti nel Comune e questi a loro volta quelli del livello superiore, e così via salendo la scala gerarchica. In senso opposto, i livelli superiori fungeranno da controllore e coordinatore dei livelli sottoposti, trovando «punti di equilibrio e di compensazione tra gli interessi specifici del singolo spazio e quelli di un territorio più ampio». Un esempio «locale» su tutti: «Gli interessi del porto di Genova da armonizzare a quelli industriali del Nord Italia».
Ragionamenti senza dubbio concreti, quelli di Bruno Musso, il quale sa rendere con parole semplici concetti ostici ai «non addetti ai lavori». Ragionamenti, peraltro, anche in parte discutibili per un liberale marketing oriented, laddove l'autore auspica, ad esempio, un «ruolo dello Stato che dev'essere aumentato e non ridotto», e quando, pur riconoscendo i limiti della visione marxista «che hanno portato a vari equivoci interpretativi che ancora condizionano la nostra analisi della realtà», considera come l'evoluzione tecnologica imponga «un coinvolgimento maggiore della mano pubblica propedeutico a qualsiasi soluzione alla crisi e che possa fermare la corsa verso il baratro».

In ogni caso, un libro che fa riflettere sulla crisi senza negare la speranza, in perfetto equilibrio gramsciano fra pessimismo della ragione e ottimismo della volontà.

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