Ma senza strette di mano il politico «twitta» da solo

Ma senza strette di mano il politico «twitta» da solo

(...) nuove tecnologie, compreso il senatore Lusi che ha pure un sito internet, ma che non trovò di meglio che prendersela in aula con il Giornale di Genova e della Liguria perchè avevamo scritto che non rispondeva alle mail degli elettori arrivate sul sito del Senato, circostanza peraltro documentata dalla posta elettronica. Per la cronaca, alcuni senatori eletti con i voti del centrodestra in Liguria non hanno trovato di meglio che solidarizzare immediatamente con Lusi.
Eppure, anche con tutta la mia disistima fatta a colpi di Twitter e di Facebook, devo dare atto che c’è Twitter e Twitter, cinguettio e cinguettio, starnazzo stonato e fischietto utile. Lo è nel caso del presidente della Regione Liguria Claudio Burlando, da cui moltissimo ci divide e che molto spesso sta su barricate diametralmente opposte alle nostre.
Recentemente, una sera in cui ho visto Burlando a una cena a base di bolliti più interessato al suo telefonino - impegnatissimo in una battaglia a colpi di tweet con una sua elettrice - che alle magnifiche portate che arrivavano a tavola, ho iniziato a dubitare che Claudio fosse nel pieno possesso delle sue facoltà mentali. E l’ho visto talmente rapito dal suo telefonino e dai suoi 140 caratteri da estraniarsi dal resto della compagnia.
Eppure, credo che la twwet-mania di Burlando abbia una (parziale, assolutamente parziale) giustificazione, nel fatto che non si pone come sua esclusiva caratteristica politica. Mi spiego: se uno fa solo cinguettii telematici tutto il giorno, non ho alcuna stima della sua politica. Se uno si mette a tweet-are dopo aver macinato centinaia di chilometri, allora se ne può tranquillamente discutere.
E il caso di Burlando è proprio questo. Da lui non c’è moltissimo da imparare, ma certamente fra le poche cose, c’è la capacità di girare la Liguria in lungo e in largo, senza dimenticare i paesini più sperduti. Pensate che, dall’inizio del suo mandato e anche in campagna elettorale, è stato almeno una volta in ciascuno degli oltre duecento Comuni liguri ed è vicino al raddoppio delle presenze in ogni paese. Questo, ovviamente, senza considerare quelli che gli stanno particolarmente a cuore o sono particolarmente importanti, dove le presenze sono ovviamente molto di più.
Ecco, nel centrodestra non c’è nessuno che faccia nulla di minimamente simile. Non è stato fatto nella scorsa campagna elettorale e non viene fatto ora, se non in modo parziale da Matteo Rosso, Gianni Plinio e Marco Melgrati, che sono protagonisti insieme a noi di un tour fra le quattro province per dare la parola ai cittadini e ripartire dalla base. Il primo appuntamento, lo sapete, è stato alla biblioteca di Alassio, il prossimo sarà alla Spezia con Gino Morgillo, Giacomo Giampedrone e Maria Grazia Frija.
Ma, per l’appunto, qui parliamo di un’iniziativa nata e cresciuta sulle pagine del Giornale, così come era successo per la bellissima serata di Savignone di settembre e per la trionfale riunione del Teatro della Gioventù di novembre. Non di un candidato o di un politico locale che si fa carico di girare la Liguria da cima a fondo.
In questo quadro, quindi, la passione smodata di Burlando per i Tweet gode di una sorta di indulgenza plenaria dovuta al fatto che Twitter non è l’alfa e l’omega della sua attività politica, ma semplicemente è solo l’omega. In questo quadro, facendomi aiutare dai tecnici informatici, da analfabeta totale della rete quale sono, ho curiosato fra i cinguettii burlandiani di un giorno qualunque della scorsa settimana, l’ultimo venerdì. Partiti alle 6,08 del mattino, orario che fa pensare come sarebbe meglio che ogni tanto Burlando dormisse.
Insomma, alle 6,08 il presidente della Regione scriveva, al netto di tutti i simbolini davanti alle parole: «Fincantieri, durante un incontro mi era venuto da dire: con i sindacati uniti il cantiere si salverà. Oggi è un bel giorno. Mai più divisi», improvvisandosi leader anche sindacale. Poi, alle sei e mezza il bis: «FisiaItalimpianti, martedì vediamo l’azienda. L’abbiamo sostenuta per il DPCM (e qui è la fregatura dei 140 caratteri, di dover usare acronimi troppo brutti per essere veri e, soprattutto, comprensibili ndr). Ora chiediamo con forza di salvare i posti di lavoro». Poi, ancora, cinguettii sulla nuova strada di Meco a Davagna e sull’impegno del ministro Fornero per l’emendamento sull’amianto. Prima di mettere in agenda - fra un passaggio al Quirinale e l’altro con la premiazione agli angeli del fango - anche un incontro sull’Acna di Cengio e il risanamento della Valbormida. Per poi occuparsi della sede di Superselex e del potenziale trasloco dell’Eni. Oltre che di Ericsson e Siemens: «Settimana decisiva. Siamo in un Paese dal quale le imprese scappano. Qui in Liguria possono investire».
Insomma, dall’alba in poi, una serie di messaggi con al centro i problemi dello sviluppo. Che, forse, è una delle chiavi della «resistenza» - nonostante tutto, nonostante migliaia di errori e nonostante la tristissima tendenza ad occupare le istituzioni come fossero cosa loro - del centrosinistra in Liguria. Parlando con molti operatori del commercio e dell’artigianato, non ne ho trovato uno che stroncasse totalmente l’operato dell’assessore allo Sviluppo Economico Renzo Guccinelli. Anzi, mi spiegano che è uno che parla poco, ma fa parecchio.
Vedete, credo che quando un avversario politico, magari in mezzo a mille schifezze e mille errori, fa una cosa buona, da quella occorra ripartire, cercando di rubargliela. Ed è l’unico tipo di furto che giustifico.


E da qui bisogna ripartire: dal parlare all’esterno e di cose esterne, anzichè dal mettere al centro della politica se stessi, il proprio ombelico e i propri posti. Questa è la vera rivoluzione. Persino se annunciata con un tweet all’alba.

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