«Roba da repubblica popolare di Molvania. Con questo si è visto veramente di tutto, il prossimo anno mi candiderò come sindaco indipendente per le comunali di Pyongyang, contro il candidato imposto dal Partito». È un Enrico Musso furioso quello che commenta la scheda elettorale che sarà consegnata ai genovesi domenica e lunedì. Per il secondo turno delle amministrative, infatti, la scheda resta del formato tradizionale ma i nomi dei due candidati, invece di essere distanziati per rendere il più comprensibile possibile loperazione di voto, è messo in sequenza senza soluzione di continuità. Quello di Enrico Musso, quasi sparisce sotto quello di Marco Doria accompagnato dalla pletora di simboli dei partiti che lo sostengono. Una mossa scorretta quella della Prefettura, secondo lo staff del senatore moderato che si gioca la poltrona più alta di palazzo Tursi, e sulla quale verrà presentato un ricorso a Tar e Prefetto per invalidare le elezioni del prossime fine settimana, visto che manca il tempo materiale per ottenere una sospensiva e rimandare il voto. «Per un attimo abbiamo anche pensato a invitare la gente ad andare al mare, ma subito dopo siamo tornati sui nostri passi e contiamo di ritirare il ricorso perché lunedì sarò sindaco di Genova» si sfoga Musso che oggi scriverà anche al Ministro dell'Interno Anna Maria Cancellieri, chiedendo il suo immediato intervento «per ripristinare il reale esercizio del diritto di voto senza rischio di alterazione della volontà dell'elettore». Se ci siano vizi di legittimità sulla scheda così pensata è presto per dirlo, ma prendendo desempio quella presentata agli elettori di Milano per le comunali di un anno fa (riportata nella foto in alto) si comprende la differenza. Un difetto che non sta solo nella posizione di Musso, ma anche sulla possibilità che molte schede possano essere invalidate essendo il rettangolo che include il nome Enrico Musso a ridosso del campo riservato a Marco Doria: se un elettore con la matita deborda, la preferenza potrebbe essere annullata.
Lultima salita di una competizione elettorale già particolarmente dura, ammette Musso, che prende a riferimento quella di cinque anni fa: «È stata una campagna avvelenata. Con la Vincenzi non ci fu nessuna azione diffamatoria nei miei confronti: probabilmente è la diffusione dei social network che permettono ogni cosa. Ma non ne faccio colpa al mio avversario». Cè un altro giallo sulla scheda, però. I collaboratori di Enrico Musso lhanno potuta consultare solo ieri mattina, mentre Marco Doria la mostrava sul suo profilo Facebook già nella serata di mercoledì.
In parallelo al ricorso anche gli ultimi fuochi dartificio.
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