Alla conquista del polo Nord, sulle orme di Umberto Nobile. Il 69enne geometra monzese Gianandrea Caravatti, insieme al compagno di volo Sergio Dallan, ha compiuto limpresa di sorvolare i ghiacci artici con un aereo biposto. «Dovremmo essere gli unici aviatori privati italiani ad averlo fatto dopo il 1926». È così: il colonnello Nobile, infatti, tentò di ripetersi con il dirigibile «Italia» nel 1928, ma la spedizione finì in tragedia. Caravatti, invece, è partito da Bresso con un modello americano bimotore (350 cavalli per motore) del 79 il 6 maggio scorso e ha fatto ritorno in patria, dopo otto soste intermedie, il 25 maggio. La tappa fondamentale è stata quella che da Longyear, località sperduta delle isole Svalbard, lo ha condotto a Resolute Bay, avamposto di duecento anime nellestremo nord del Canada. Dieci ore lassù, sospeso tra le nuvole, duemila metri sopra quellinfinita distesa di ghiaccio. «Pensavamo di farcela in nove ore, ma il vento contro ci ha rallentato sensibilmente. Da unandatura di 187 nodi siamo passati a 122», precisa il geometra con la passione per la cloche.
Una passione nata quando era piccolo. «Avevo un amico più grande che mi ha trasmesso la mania dei modellini degli aerei. Per un po mi sono accontentato delle miniature, poi quando sono cresciuto ho preso il brevetto. E pensare che lui non ha mai volato». Caravatti, invece, è arrivato ormai a superare i cinquemila voli. «Ho sorvolato loceano Atlantico 16 volte e ho completato il giro del mondo nel 2003». Conquistato lAntartide lanno scorso, non gli rimaneva che sfatare il tabù del polo Nord. «È la meta più difficile per un aviatore a causa delle condizioni meteorologiche estreme. In quota la temperatura era di 20 gradi sotto lo zero. Le ali, le eliche e la punta dellaereo erano ricoperte di ghiaccio». Fu proprio il ghiaccio a far precipitare Nobile. «Per fortuna la tecnologia superiore ci ha dato una mano. E anche il bel tempo incontrato prima di atterrare in Canada».
Quello di Nobile è un chiodo fisso per il geometra. «Al bar dellaerostazione di Longyear ci sono foto sue e di Amundsen (esploratore norvegese morto per cercare lamico italiano disperso, ndr) sparse dappertutto. Vicino cè anche un museo. Quando stavamo partendo sentivamo il peso delle imprese di questi due grandi personaggi». Eppure Caravatti non ha mai avuto paura per la propria vita. «Cera tensione, è ovvio. Grazie ai telefoni satellitari ci tenevamo in contatto con i nostri cari e con gli aeroporti vicini. È servito per mantenere la calma».
Ma come si programma unimpresa del genere? «Preparandosi. Sei mesi prima abbiamo inviato duemila litri di carburante a Longyear, altri duemila a Resolute Bay. Nel frattempo ci siamo muniti di tutta lattrezzatura necessaria: giacconi, tenda termica, fornelletto, telefoni satellitari...». Latterraggio a Bresso è stato applaudito da amici e parenti, ma la soddisfazione più grande è stato larrivo sulla pista ghiacciata di Resolute Bay. «Limpresa era stata compiuta. Il ritorno a casa era una formalità. Che soddisfazione! A bordopista ci aspettava il gestore dellunico albergo, completamente in legno, del piccolo villaggio canadese. Un tanzaniano di nome Aziz, sposato con uneschimese, che ha fatto la sua fortuna tra la neve del Nord America. Strana la vita, eh?». Sì, strana. Come è strano incontrare una troupe della tv brasiliana «Globo» proprio in quel remoto angolo del Canada. «Era in programma un documentario sugli eschimesi. Ne hanno approfittato per realizzare uno speciale sulla nostra trasvolata che andrà in onda il 13 luglio». Capacità degne di piloti professionisti, sangue freddo, gusto dellimpresa. Cè altro nel Caravatti che ha esorcizzato il circolo polare artico? «Il piacere di viaggiare, non solo in aereo. In passato ho raggiunto lIndia, lAfghanistan, il Nepal in auto.
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