da Milano
«Gli esperti di mercati finanziari devono avere buone ragioni per non essere stati impressionati dal tasso di crescita negativo del Pil tedesco nel secondo trimestre 2008. Nel complesso, loro riconoscono la fase di debolezza, comunque in un contesto di economia solida, e giustamente non temono una recessione». Wolfgang Franz è il presidente dellistituto tedesco Zew, think thank per eccellenza sulleconomia della prima locomotiva dEuropa. Lo Zew ha appena diffuso i dati sulla fiducia degli operatori finanziari in Germania: contrariamente alle attese, il miglioramento è stato più sensibile del previsto e lindice è risalito a meno 55 punti, dai meno 63,9 cui era calato il mese precedente. Franz non dispensa ottimismo, ma cerca di essere rassicurante: di crisi profonda non si può parlare, anche perché il Pil dovrebbe ancora crescere in Germania del 2% nel 2008.
Il numero uno dello Zew è così convinto della capacità di tenuta delleconomia da lanciare quella che pare quasi una provocazione: «Se la Bce farà qualcosa, si muoverà al rialzo». Leventualità di una stretta ai tassi ha perso progressivamente peso tra gli analisti dopo le parole preoccupate con cui Jean-Claude Trichet, presidente della Banca centrale europea, ha commentato allinizio di agosto landamento congiunturale di Eurolandia, sottolineando in particolare la possibilità di un ulteriore rallentamento nella seconda metà dellanno. Da allora, si è andata consolidando lipotesi di un mantenimento dello status quo fino alla fine dellanno e di un taglio del costo del denaro nel 2009.
La posizione della Bundesbank, considerata da alcuni osservatori come il vero dominus della Bce, appare tuttavia ben più rigida, a causa dei rischi di un ulteriore surriscaldamento dellinflazione. Per la verità, lallarme della Buba non è privo di fondamento. A luglio i prezzi alla produzione hanno registrato in Germania il più forte rialzo mensile da oltre trentanni, per la precisione dal 1974, lanno successivo allo choc petrolifero. In un solo mese sono schizzati al rialzo del 2%, il triplo di quanto atteso dagli esperti, sottolineano gli analisti di Bnp Paribas. In questo modo, il ritmo di aumento dei prezzi alla produzione su base annua è improvvisamente balzato dal 6,7% di giugno all8,9% a luglio. In questo caso si tratta del valore più elevato fin dallottobre del 1981.
Sulla fiammata hanno naturalmente pesato le quotazioni del petrolio, giunte il mese scorso a toccare il record assoluto di 147,27 dollari il barile.
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